Trump sfida i governatori: gli Stati Uniti al bivio tra sicurezza e autoritarismo


Condividi su

L’ultimo tentativo del presidente Donald Trump di dispiegare l’esercito sul suolo statunitense, nonostante l’opposizione di diversi governatori democratici, ha aperto un nuovo fronte di scontro politico e giudiziario. Al centro della disputa, la visione di Trump di un Paese in cui soldati armati pattugliano le strade americane per garantire sicurezza e ordine.

Negli ultimi mesi, il presidente ha già spinto i confini del potere esecutivo, impiegando la Guardia Nazionale in operazioni interne e immaginando per le forze armate un ruolo crescente nel contrasto all’immigrazione e alla criminalità urbana. La decisione di inviare unità della Guardia della California in Oregon e del Texas in Illinois rappresenta un’estensione senza precedenti dei poteri presidenziali, e ora è al centro di cause legali che sollevano questioni di diritto costituzionale, federalismo e separazione dei poteri.

Durante un incontro con i vertici militari, Trump ha parlato di utilizzare le città americane come “campi di addestramento” e ha avvertito di un’“invasione dall’interno”. Per i critici, il suo approccio equivale a un uso pericoloso della forza contro i cittadini.

Alla domanda se fosse pronto a invocare l’Insurrection Act, Trump ha risposto: “Se dovessi farlo, lo farei. Se ci fossero persone uccise e i tribunali ci bloccassero, dobbiamo comunque garantire la sicurezza delle nostre città.”

La Casa Bianca difende la linea dura. La portavoce Karoline Leavitt ha respinto le accuse di autoritarismo: “Il presidente non vuole occupare le città americane, vuole aiutarle dopo anni di fallimenti locali.”

Secondo fonti dell’amministrazione, le decisioni di inviare truppe federali dal Texas e dalla California sono state prese direttamente ai vertici, aggirando i canali formali del Pentagono. Una prassi insolita, di norma riservata alle emergenze.

I governatori democratici Gavin Newsom (California) e J.B. Pritzker (Illinois) hanno immediatamente impugnato i provvedimenti in tribunale. Un giudice federale, nominato da Trump, ha temporaneamente sospeso lo schieramento a Portland, innescando la reazione furiosa di Stephen Miller, consigliere del presidente, secondo cui i tribunali starebbero “ignorando i limiti costituzionali” e ostacolando la difesa delle proprietà federali.

Gli esperti legali invitano alla cautela. William Banks, docente di diritto costituzionale alla Syracuse University, ha ricordato che la Guardia Nazionale “non può far rispettare le leggi locali né svolgere funzioni di polizia. Il suo impiego appare più simbolico che operativo.”

La disputa evoca il precedente del 1963, quando John F. Kennedy federalizzò la Guardia dell’Alabama per imporre l’integrazione scolastica, ma con una sostanziale differenza: Trump utilizza le truppe non per far rispettare leggi federali, bensì per difendere infrastrutture e personale governativo.

Elizabeth Goitein, del Brennan Center for Justice, parla di “chiara violazione della legge” e di “tentativo deliberato di aggirare i limiti giudiziari”. Sottolinea inoltre il rischio che l’amministrazione consideri queste operazioni interne come addestramento militare per conflitti all’estero: “L’esercito è addestrato per combattere e distruggere i nemici. Farlo nelle strade americane è un segnale inquietante.”

Con le cause in corso e le tensioni istituzionali in aumento, il confronto tra Casa Bianca e magistratura potrebbe trasformarsi in una delle prove più delicate del potere presidenziale nella storia recente degli Stati Uniti.


Condividi su