Turchia: non possono dire no al nostro ingresso in UE, la pazienza non è eterna


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«L’Unione europea non può permettersi di dire no all’ingresso della Turchia. Le conseguenze sarebbero negative per l’Europa, non certo per noi». Attualmente «esiste un interesse da entrambe le parti, ma questo interesse non è eterno». E qualora il responso finale di Bruxelles dovesse essere negativo, «Ankara non guarderà certo altrove. Perchè non ha bisogno di trovare alternative». Così il ministro per gli Affari europei e capo negoziatore della Turchia per l’Ue, Volkan Bozkir, intervenuto a Roma in un incontro organizzato dall’Istituto Affari internazionali nella sede del Parlamento europeo. Torna a ribadire la posizione del suo Paese in un momento in cui i negoziati per l’allargamento al suo Paese sono in una totale fase di stallo. La storia dell’adesione di Ankara ai Trattati europei «è una lunga storia. Sono 50 anni che la Turchia ci prova», ha ricordato il ministro. Fin qui «è stata paziente e tollerante».

Molti problemi sono stati risolti, dice, ma il cammino verso l’Unione è ancora tutto in salita. La Turchia, sostiene, ha fatto la sua parte. «Siamo pronti da domani stesso a lavorare su tutti i capitoli negoziali con Bruxelles», assicura. Dalla sua, rilancia, Ankara ha il suo peso economico da far sentire. Se la Turchia dovesse unirsi oggi ai 28, lo farebbe «in una condizione economica molto forte, in una forma migliore di tanti altri Stati dell’Unione».

A parlare sono i numeri, avverte, con un Pil pari a circa 20 miliardi di dollari, ricorda, e un export di circa 7 miliardi. L’interesse, dunque continua a esserci, ma non potrà durare in eterno, ribadisce. Leva importante per convincere i molti scettici all’ingresso di Ankara, è soprattutto quella energetica. Hub energetico strategico il Paese a cavallo tra Europa e Asia ha dimostrato «di essere un partner affidabile e alternativo. Alla Russia, grazie al gasdotto trans adriatico in grado di trasportare il gas dal Caspio alla Puglia. I dati economici non sono però tutto. Esiste anche un’emergenza sicurezza e la lotta al terrorismo».

«La Turchia – afferma Bozkir – ha condannato fermamente gli atti compiuti in Europa e la violenza dei jihadisti dell’Isis. Purtroppo, però, in Europa in molti hanno sostenuto che li abbiamo aiutati. Tutto ciò è ingiusto. In Turchia – fa notare – arrivano 39 milioni di turisti. Senza bisogno di visto». Difficile dunque controllare chi entra nel Paese».

«Abbiamo iniziato a condividere informazioni di intelligence e siamo riusciti a intercettare e a espellere 500 persone». La realtà, ammonisce, «è che bisognerebbe chiedersi perchè e come mai i combattenti stranieri decidono di lasciare i vostri Paesi per unirsi ai terroristi dell’Isis». Forse, afferma, «non si sentono accettati. Forse è perchè vengono considerati come altri». Per affrontare tutto questo, sottolinea, «serve un cambio di mentalità. Non si può più parlare di Europa cristiana. Serve una nuova concezione». Una visione inclusiva, sembra volere dire Bozkir. In Turchia, conclude, «siamo riusciti a farlo, pervenendo a un processo di pacificazione interna del Paese».

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