Un tribunale di Istanbul ha emesso un nuovo mandato di arresto contro il capo della influente confraternita islamica Hizmet, l’imam Fetullah Gülen, ex-alleato oggi arci-nemico del presidente islamico Recep Tayyip Erdoğan. La Turchia cerca di ottenere l’estradizione di Gulen, che vive negli Usa, in Pennsylvaia. Un primo mandato d’arresto era stato emesso contro Gülen alla fine del 2014 con l’accusa di «dirigere una organizzazione terroristica». Erdoğan e Gülen sono stati stretti alleati fino a dicembre 2013, quando è esplosa la Tangentopoli del Bosforo che ha coinvolto numerose personalità vicine al regime, facendo tremare il governo islamico.
Erdoğan aveva accusato allora Gülen di essere dietro le inchieste dei giudici anti-corruzione e di avere costituito uno stato parallelo in seno alle istituzioni. Migliaia di funzionari e di dirigenti della polizia e di magistrati, fra cui i titolari delle indagini di tangentopoli, erano stati dimessi incarico. Da allora Erdoğan ha dichiarato una guerra senza esclusione di colpi contro la confraternita di Gülen.
Decine di persone, poliziotti, giornalisti, funzionari, considerati vicini a Gülen sono stati arrestati. Il legale di Gülen, Narullah Albayrak, riferisce Zaman online, ha definito il nuovo ordine d’arresto «illegale». Secondo Albayrak la decisione della corte dimostra che la giustizia è usata come uno strumento per eliminare persone e gruppi che non condividono la linea del potere. «Quando questo periodo buio sarà terminato, i responsabili di queste azioni illegali saranno giudicati in linea con la costituzione».