
(Federica Cannas) – La Settimana di Alto Livello dell’Assemblea Generale dell’ONU non è mai solo un rituale diplomatico. È il momento in cui i leader mondiali cercano di definire priorità, stringere alleanze e inviare segnali politici che vanno ben oltre le mura del Palazzo di Vetro. Quest’anno, il 24 settembre 2025, sarà il giorno del nuovo incontro fra tre figure che negli ultimi anni hanno cercato di dare forma a un’agenda progressista internazionale: Luiz Inácio Lula da Silva, presidente del Brasile, Gabriel Boric, presidente del Cile, e Pedro Sánchez, presidente del governo spagnolo.
I tre guideranno insieme la seconda edizione dell’evento In Defense of Democracy and Against Extremism, appuntamento che non si presenta come un semplice esercizio retorico, ma come una vera e propria piattaforma di azione. L’obiettivo è affrontare alcune delle emergenze che stanno minando la vita democratica in ogni continente. Il deterioramento delle istituzioni, la manipolazione dell’informazione, la crescita di autoritarismi che assumono forme sempre più sofisticate.
Non si tratta solo di denunciare i rischi, ma di proporre risposte concrete. Nei documenti preparatori e nei discorsi che i tre leader hanno già pronunciato in precedenti incontri, emergono con chiarezza le priorità. La prima riguarda il mondo digitale, oggi terreno fertile per fake news e campagne di odio che deformano il dibattito pubblico. La trasparenza degli algoritmi e la responsabilità delle grandi piattaforme sono viste come questioni non più rinviabili. La seconda riguarda le disuguaglianze sociali, che erodono alla radice la fiducia nelle istituzioni e alimentano il terreno degli estremismi. Rafforzare il welfare, garantire pari accesso ai diritti, promuovere inclusione e partecipazione sono strumenti indispensabili per ricostruire coesione. Infine, c’è il tema del pluralismo. Boric, Lula e Sánchez insistono sul fatto che la democrazia è anche cultura politica della convivenza, capacità di riconoscere la legittimità dell’avversario, rispetto delle diversità culturali, etniche e religiose.
Accanto a questo vertice sulla democrazia, l’agenda di Lula a New York porta in primo piano un altro nodo cruciale: la Palestina. Il Brasile parteciperà a una Conferenza Internazionale di Alto Livello per la pace, promossa da Francia e Arabia Saudita, con l’obiettivo di rilanciare la soluzione dei due Stati. Lula è convinto che una pace sostenibile possa nascere solo se israeliani e palestinesi siedono allo stesso tavolo in condizioni di piena parità, senza imposizioni unilaterali. È un tema che tocca corde profonde nella diplomazia brasiliana, storicamente legata alla difesa del multilateralismo e del diritto internazionale, e che Lula ha deciso di rilanciare con forza in questa Assemblea.
Il significato politico di questi appuntamenti è evidente. L’incontro di New York rappresenta la volontà di ridefinire alleanze in un tempo in cui l’estremismo e l’autoritarismo tornano a minacciare la stabilità globale. Non si tratta solo di contrastare le destre radicali o respingere pressioni esterne, ma di costruire un fronte progressista che sappia parlare con autorevolezza di temi che attraversano i confini nazionali: dalla regolamentazione digitale alla lotta contro le disuguaglianze, fino alla difesa di popoli oppressi come quello palestinese.
Per Lula, Boric e Sánchez il vertice è un passaggio verso la creazione di strumenti multilaterali duraturi. Reti di ricerca e pensiero democratico, osservatori internazionali sull’estremismo, piattaforme comuni per contrastare la manipolazione digitale. È anche un modo per riportare al centro la diplomazia sudamericana, evitando che rimanga schiacciata tra la frammentazione interna e la marginalità globale.
A New York, tra la solennità dei discorsi ufficiali e la concretezza dei tavoli multilaterali, prende così forma una proposta che viene dal Sud e guarda al mondo intero: la difesa della democrazia come bene comune, non negoziabile, e la convinzione che la pace e la giustizia, in Palestina come altrove, non siano mai un affare locale ma un impegno universale.
La democrazia non è mai un dono acquisito per sempre, va coltivata giorno dopo giorno. In America Latina, i leader progressisti hanno più volte ricordato che vive solo se si nutre di giustizia sociale, dignità e ascolto reciproco. È lo stesso spirito che sarà riproposto all’Assemblea Generale dell’ONU, quando si incontreranno per riaffermare che la democrazia, se intesa come atto d’amore , richiede cura e coraggio costanti. Va protetta, rinnovata, rafforzata, perché solo così può continuare a dare senso e speranza al futuro.