Nel conflitto siriano i curdi sono vittime e, allo stesso tempo, anche carnefici. La narrazione giornalistica deve essere dunque aggiornata con le denunce che arrivano dalla città siriana nord-orientale di Hassakè, e nella circostante regione di Jazira, dove le milizie curde che si contendono il controllo del territorio con l’esercito governativo stanno moltiplicando gli atti di violenza e intimidazione nei confronti dei cristiani. E’ quanto riferisce l’Arcivescovo siro cattolico Jacques Behnan Hindo all’Agenzia Fides, raccontando una lunga lista di incidenti e soprusi che, a suo giudizio, configurano una vera e propria strategia mirante ad espellere dal centro abitato la residua popolazione di fede cristiana.
“Ogni volta che i miliziani curdi entrano in azione per riaffermare la propria egemonia militare sulla città” spiega l’Arcivescovo, alla guida dell’Arcieparchia siro-cattolica di Hassakè Nisibi, “l’epicentro delle loro scorribande e azioni di forza è sempre il quartiere delle sei chiese, dove vivono la gran parte dei cristiani. In molti casi hanno cacciato i cristiani dalle proprie case sotto la minaccia dei kalashnikov. E dove entrano, saccheggiano tutto”.
In un’intervista a Radio Vaticana, lo stesso prelato ricorda come siano stati occupati l’Ufficio Anagrafe e il Dipartimento Immigrazione e Passaporti, la Banca Commerciale Siriana, le facoltà universitarie dell’Eufrate e di Hassaké, i depositi di grano, gasolio, benzina e cotone, il cui contenuto è stato trasferito. “La vita della popolazione cristiana diventa sempre più difficoltosa, perché sono state occupate decine di case nel quartiere cristiano, ma non è consentito ai residenti di ritornarci, tranne in quelle distrutte perché le forze curde vi si erano stanziate. I curdi appartenenti al braccio armato del partito si sono impossessati di molti mezzi del Comune di Hassaké, e li utilizzano per servire soltanto i loro quartieri. Per proteggere gli altri abitanti dalle malattie ci siamo dovuti addossare la raccolta e il trasporto dei rifiuti fuori del Paese, tramite veicoli privati il cui acquisto è a carico dell’arcidiocesi”.
L’Arcivescovo Hindo confida di essere stato lui stesso vittima di un atto intimidatorio avvenuto nelle scorse settimane, quando alcuni colpi di arma da fuoco sono stati esplosi contro la finestra della sua abitazione, e un proiettile ha sfiorato la sua testa. “In quel momento” aggiunge l’Arcivescovo, “la zona era presidiata da miliziani curdi, e non c’erano nei dintorni altre persone armate”.
Anche una spedizione umanitaria realizzata alcuni giorni fa dai volontari dell’arcidiocesi per distribuire cibo agli abitanti musulmani di Haddadi e di sedici villaggi circostanti, un tempo sotto il controllo dei jihadisti del sedicente Stato Islamico (Daesh), è stata fatta oggetto del lancio di alcuni colpi d’artiglieria. “E certo” fa notare anche in questo caso l’Arcivescovo Hindo “non si trattava di colpi sparati dai jihadisti, le cui basi più vicine si trovavano a più di venti chilometri di distanza”.
A giudizio dell’Arcivescovo, le iniziative dei miliziani curdi perseguono il disegno di affermare il proprio controllo su tutta la città di Hassakè, per poi consolidare la propria supremazia su tutta la regione, a scapito delle forze armate governative. Ma un dettaglio aggiunto dall’Arcivescovo lascia intendere quanto la situazione sul campo sia confusa e discorde rispetto a certi stereotipi sul conflitto siriano che circolano in Occidente: “A Shaddadi, che un tempo era una roccaforte dei jihadisti” riferisce monsignor Hindo “adesso la situazione è in mano ai miliziani curdi. Ma sotto il loro comando si sono inquadrati anche molti degli abitanti locali che prima si erano arruolati con le milizie jihadiste di Daesh”.