Mondiali di calcio e terrorismo: nuova frattura tra Qatar e paesi arabi


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Se vuole ospitare i Mondiali di calcio del 2022, il Qatar deve “ripudiare le politiche di sostegno all’estremismo e al terrorismo”. E’ quanto afferma in un commento su Twitter il ministro di Stato per gli Affari esteri degli Emirati Arabi Uniti, Anwar Gargash. E’ la prima volta che uno dei Paesi del fronte arabo a guida saudita, che dal giugno scorso ha rotto le relazioni ed imposto un blocco a Doha, mette in relazione la crisi con l’organizzazione della manifestazione iridata.

Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain ed Egitto guidano la schiera dei paesi arabi che accusano il Qatar di sostenere gruppi estremisti e terroristi. L’organizzazione dei Mondiali, afferma Gargash in un altro tweet, “non deve essere macchiata dal sostegno a individui estremisti e a figure terroristiche, una revisione delle politiche del Qatar è indispensabile”.  Il Qatar ha respinto come «assurde» le accuse. La rottura è stata voluta da due figure forti dei paesi del Golfo: Mohammed bin Salman, vice principe ereditario e ministro della Difesa saudita, e Mohammed Bin Zayed, comandante delle forze armate emiratine.

 

 

L’ACCUSA DI SOSTENERE IL TERRORISMO

La crisi che si è aperta all’interno del mondo arabo è stata definita come la peggiore della regione dal 1990, anno in cui l’Iraq di Saddam Hussein invase il vicino Kuwait. L’accusa di terrorismo rivolta al Qatar è peraltro rivolta da regimi autoritari sunniti, come l’Arabia Saudita, che ha alimentato, sempre in Siria, il terrorismo salafita e wahabita contro il governo di Damasco.

Gli stretti legami tra il terrorismo e il regime di Doha sono stati evidenziati in numerosi report dell’intelligence statunitense ed europea, nonché svelata da importanti inchieste giornalistiche. Nel rapporto annuale sul terrorismo pubblicato dal dipartimento di Stato americano e riferito al 2015, si legge, in riferimento alle misure prese dal Qatar per limitare i finanziamenti a gruppi terroristici: «Nonostante questi sforzi, entità ed individui in Qatar continuano a essere una fonte di sostegno finanziario per il terrorismo e i gruppi estremisti e violenti, in particolare gli affiliati di al Qaida nella regione, come il Fronte al Nusra [oggi  Tahrir al Sham]».

Nel 2016 Adam Szubin, sottosegretario al dipartimento del Tesoro americano e responsabile di eliminare le linee di finanziamento ai gruppi terroristici, ha detto che il Qatar non aveva mostrato fino a quel momento «la volontà politica necessaria e la capacità di rafforzare le sue leggi finanziarie antiterrorismo».

FRATELLI MUSULMANI E HAMAS

Riyad considera i Fratelli Musulmani non un semplice movimento  politico-religioso islamista ma un vero e proprio gruppo terroristico con ambizioni di governo. Il Qatar, differenza degli altri paesi sunniti del Golfo Persico, considera la Fratellanza una forza politica legittima.

Il Qatar è stato accusato, sempre dai paesi arabi, di appoggiare e finanziare altri gruppi, per esempio i palestinesi di Hamas.  Non è un caso che il leader Khaled Meshaal dal 2012 vive a Doha. Il movimento di resistenza che ha la sua base nella Striscia di Gaza negli ultimi tempi si è riposizionata: inizialmente in campo contro il presidente Assad in Siria (era il 2012) e in rotta di collisione con la galassia sciita sostiene Damasco (Iran ed Hezbollah), il gruppo palestinese nell’ultimo periodo si è avvicinato di nuovo all’asse contro Israele recuperado una serie di rapporti che la guerra in Siria aveva spezzato.

Nel corso di questi anni di guerra contro il governo siriano, Hamas ha ricevuto ingenti risorse dal Qatar e dalla Turchia. Da ricordare che l’Arabia Saudita ha finanziato per lungo tempo Hamas anche quando, a metà degli anni Duemila, Hamas ha incominciato a ricebere soldi anche da Teheran, nemico giurato dei sauditi.

CAMPIONATO DI CALCIO: GLI OPERAI MIGRANTI SCHIAVI

I campionati del mondo di calcio hanno avuto un iter travagliato, soprattutto per le pesanti condizioni di lavoro a cui sono costretti gli operai impegnati nei cantieri: si tratta di migliaia di lavoratori spesso immigrati senza documenti e tutele.  Dal dicembre 2010, quando è stato stabilito che il Qatar avrebbe ospitato la Coppa del Mondo, il Paese ha intrapreso una massiccia opera di costruzione di otto stadi, alberghi, trasporti e altre infrastrutture. Le autorità hanno dichiarato di aver speso circa 500 milioni di dollari a settimana per la realizzazione dei progetti in vista dei Mondiali. Lavori imponenti che hanno richiesto l’impiego di oltre 30 mila lavoratori provenienti da Paesi come Bangladesh, India, Nepal.

Il 2012 è stato l’ultimo anno per il quale il governo del Qatar ha reso pubbliche le informazioni relativamente dettagliate e complete sulle morti dei lavoratori. La mancanza di trasparenza sui decessi ha reso difficile valutare la misura in cui le condizioni meteorologiche estreme danneggino gli operai.

Malgrado gli impegni del governo, le condizioni dei lavoratori sono peggiorate e i diritti degli operai migranti non sono stati rispettati.  Non ci sono solo i mondiali di calcio: tutto il paese è un gigantesco cantiere. Si stima che con l’avvicinarsi dei mondiali, alla fine in questi anni il Qatar avrà impiegato circa 2,5 milioni di migranti impegnati come schiavi sul territorio.

In questi anni sono arrivate numerose denuncie circa il mancato miglioramento delle condizioni di sicurezza nei cantieri e di igiene negli alloggi. Inoltre, alle Ong che si occupano di diritti umani non è mai stato concesso il diritto di visitare liberamente i cantieri. Non rispettati neppure gli impegni sull’aumento degli ispettori del lavoro.

Recentemente è stata Human Rights Watch a denunciare le condizioni di lavoro degli operai.  Il numero dei decessi nei cantieri continua a salire e si stima che per la fine dei lavori il numero dei decessi raggiungerà quota 4mila. Le normative attuali proibiscono solo i lavori all’aperto dalle 11:30 alle 15:00 durante il periodo che va dal 15 giugno al 31 agosto. Tuttavia, i dati climatici mostrano che le condizioni meteorologiche in Qatar al di fuori di queste ore e date spesso raggiungono livelli che possono causare malattie potenzialmente fatali in assenza di riposo adeguato. “Limitare le ore di lavoro a temperature sicure, non impostate da un orologio o un calendario, è nella capacità del governo del Qatar e contribuirà a proteggere centinaia di migliaia di lavoratori”, ha dichiarato Sarah Leah Whitson di HRW che chiede anche alla FIFA di intervenire.

(p.d.)

 

 

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