Samir Kuntar: diverse bandiere e un solo obiettivo


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(Simona Planu) – Il ritratto dipinto in questi giorni del leader di Hezbollah è un quadro schizofrenico. Amato e odiato, Samir Kuntar, in vita come da morto, si è ritrovato a vestire la maschera dell’eroe e del carnefice a seconda dello sceneggiatore.

Samir Kuntar, al di là delle sue azioni è stato un uomo che ha cambiato pelle, l’ha fatto incarnando  apparenti contraddizioni, che spesso il libero pensiero non coglie o non accetta. Cosa significa essere un Druso e militare nel Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina? Qual è il pensiero di chi  entra in carcere in Israele, continua la lotta e riesce ad uscire per uno scambio di prigionieri sotto le vesti di Hezbollah, il Partito di Dio? Forse l’amore e l’odio nei suoi confronti nasce proprio dal fatto che nonostante i cambi d’abito, in tasca conservava lo stesso obiettivo.

Samir Kuntar ha condotto la sua vita nella resistenza e lotta armata contro lo stato di Israele, muore in Siria, a Jaramana, in un conflitto che per anni è stato raccontato sotto la luce della guerra civile.

La sua morte, come una scatola cinese, ci apre la dimensione micro e macro di un conflitto che non rimane limitato ai confini nazionali, ma che è riflesso del terremoto che scuote il Vicino e Medio Oriente da oltre mezzo secolo.

I presunti cambi d’abito che hanno caratterizzato la vita di Kuntar sono solo l’altra faccia della medaglia. I suoi punti di forza o debolezza, sono lo specchio della forza o debolezza dei suoi nemici, in uno scenario fatto di alleanze strategiche e contraddizioni che diventano sempre più evidenti.

Lo scenario che vedrebbe protagonista Kuntar, in Siria, ci trasporta sulle alture del Golan, territorio siriano occupato da Israele nel 1967. E’ da qui che, secondo diverse fonti, stava portando avanti la sua battaglia contro Israele. Secondo i sostenitori di questa tesi, egli, supportato da Iran e Hezbollah, sfruttava preoccupazioni delle comunità Druse in Siria, per creare un progetto di resistenza contro Israele. La questione dei Drusi, in Siria e nel Golan occupato, costituisce un nodo centrale per la definizione di strategie politiche e militari.

Israele sa bene che la questione è delicata non solo ai confini di Siria e Libano , ma all’interno del suo stesso Stato. E’ nelle alture del Golan che polItica estera e interna di Israele si incrociano,   incontrando inevitabilmente, la questione palestinese.

I Drusi nel Golan soffrono della presenza dei coloni israeliani e della iniqua distribuzione delle risorse; la guerra in Siria, però, ha peggiorato le loro condizioni economiche e ora si ritrovano a considerare il “male minore”. D’altra parte l’insofferenza delle comunità druse verso la collaborazione che Israele mantiene con i gruppi antigovernativi in Siria, è una questione di non poco conto per una popolazione che fa dell’appartenenza a un credo minoritario il suo fondamento identitario e che vive frammentata sotto diversi confini statali.

L’occupazione del territorio siriano da parte di Israele, segue le stesse logiche dell’occupazione dei Territori Palestinesi.  Le difficoltà economiche sono legate al difficile accesso alle risorse e alla limitazione del mercato.  I  diritti di cittadinanza e la protezione data dall’appartenenza ad uno Stato nazione sono negati. I problemi diventano geopolitica, quando l’interesse per le risorse e per le posizioni strategiche assume una portata tale da uscire dall’area geografica mediorientale.

E’ qui che si inserisce la concessione data da Israele al gruppo petrolifero del New Jersey, la Genie Energy, ed è sempre qui che si protrae la contesa con il Libano per le fattorie di Sheba.

La vita di Samir Kuntar e le sue battaglie lo hanno condotto a vivere nel confine tra Israele e i suoi nemici giurati, a cambiare e adattarsi quando la situazione lo rendeva necessario. La sua morte ha acceso i riflettori su molti fronti, soprattutto sugli equilibri di forza degli attori  ufficialmente scesi in campo in Siria.

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