(Matteo Acciaccarelli) – Dopo l’attentato che ha colpito la Turchia, nel cuore della capitale, uccidendo 28 militari e ferendone altri 60, nell’arco di poche ore un convoglio militare turco è stato oggetto di un nuovo attacco che ha provocato ulteriori 7 vittime. La strage si è consumata al centro città di Diyarbakir, la principale città curda nel sud-est della Turchia.
Il governo turco ha subito accusato i curdi siriani dello Ypg, imputazione che è aumentata dopo la conferma dell’identità, quasi immediata, del terrorista che si è fatto esplodere ieri ad Ankara. La sua figura è stata identificata in Salih Necar, un cittadino siriano che sembrerebbe sia entrato in Turchia insieme ai rifugiati che giungono dalla Siria, identità confermata grazie alle impronte prese dalla polizia turca al momento dell’identificazione dei rifugiati.
Alle accuse mosse dal governo turco, secondo il quale Necar collaborava con il Pkk ha risposto il vice leader del partito curdo, il quale ha chiarito che “Non sappiamo chi abbia effettuato l’attacco di Ankara, ma potrebbe trattarsi di un atto di ritorsione per i massacri in Kurdistan”. Risposta simile è stata quella avuta dal partito curdo-siriano, Pyd, nella quale è stato confermato che “nemmeno un proiettile viene sparato dalle milizie Ypg in Turchia perché non considerano la Turchia come un nemico”.
Effettivamente da giorni l’aviazione turca sta bombardando frequentemente i militanti curdi nel nord della Siria, al fine di aprirsi un corridoio permettendo l’invio di materiali, in tutta sicurezza, ai ribelli siriani anti-Assad e questo potrebbe far pensare, effettivamente, a una ritorsione curda nei confronti della Turchia.
In attesa che si faccia luce sui due attentati, la prima reazione turca è stata quella di aumentare il numero di raid aerei contro le postazioni curde in Siria e in Iraq, prendendo di mira soprattutto il nord dell’Iraq, dove si trovano, secondo l’intelligence turca, i membri della leadership del Pkk.
Questi due ultimi attentati a differenza del ben più catastrofico attentato dello scorso 10 ottobre, durante una manifestazione per la pace ad Ankara che ha causato 97 morti e 245 feriti, potrebbe avere risvolti militari ancora più duri, dato che se fosse confermata la teoria ipotizzata dal governo turco riguardo la pianificazione degli attentati da parte dello Ypg, potrebbe dare ad Ankara il casus belli per intervenire via terra in territorio siriano.
Questo scenario potrebbe causare la totale rottura diplomatica tra Ankara e Mosca rischiando di gettare ulteriore caos nel Medio Oriente, che potrebbe portare sia a una crisi di portata mondiale sia a un rafforzamento delle posizioni dello Stato Islamico.