(Costantino Ceoldo) – Le elezioni politiche che si sono appena tenute in Iran aprono alcuni interrogativi sul futuro della Repubblica Islamica. Apertura all’Occidente, tradizione, sfide militari politiche ed economiche. Cosa significano i numeri delle rappresentanze presenti nel nuovo Parlamento iraniano? Davood Abbasi, della redazione di IRIB, cerca di fornici alcuni chiarimenti.
Signor Abbasi, una domanda diretta: chi ha vinto le elezioni politiche appena conclusesi in Iran?
Nel nome di Dio. Se la matematica non è un’opinione, le elezioni in Iran sono state vinte dai conservatori. Uno sguardo ai dati nazionali dimostra che la maggioranza, sia al Parlamento (Majles) sia al Consiglio degli Esperti (Majles-e-Khobregan) è in mano ai conservatori. Bisogna precisare che la maggioranza dei conservatori non è assoluta. Nel senso che i conservatori hanno ottenuto circa il 50% dei voti. I riformisti sono sotto di circa 10 punti percentuali, quindi sul 40% circa. Il rimanente 10% è composto da candidati indipendenti. Dunque saranno loro l’ago della bilancia nel prossimo parlamento. Chi sono questi indipendenti? Gente normale, dei commoner e non dei politici che si sono candidati e che sono stati eletti. Di solito sono professori universitari, avvocati, liberi professionisti famosi, gente conosciuta per la loro onestà. Possono anche essere anziani capitribù, contadini o imprenditori. Fan parte di questi indipendenti anche i cinque deputati delle minoranze (2 cristiani, un ebreo, un zoroastriano e un assiro) al parlamento. Si può dire che il prossimo Parlamento iraniano sarà basato su equilibri molto delicati. I due schieramenti, riformisti e conservatori, saranno costretti a dialogare per poter combinare qualcosa e si capisce che cercheranno di proporre buone leggi, per ottenere il consenso di quel 10% di indipendenti. Ammesso che gli indipendenti rimangano tali e non si schierino permanentemente con una delle due formazioni.
I media italiani hanno riportato solo la vittoria dei moderati a Teheran ignorando il resto. È un atteggiamento solo italiano o anche straniero? Perché secondo Lei?
È un atteggiamento che hanno assunto un po’ tutti i giornalisti stranieri ma soprattutto quelli italiani. Ecco i motivi. I giornalisti stranieri lavorano per i media di nazioni straniere. Queste nazioni vedono chiaramente i loro interessi nel sostegno all’attuale governo iraniano che si è aperto al mondo e soprattutto all’Occidente. È quindi naturale che vengano qui per sostenere i riformisti. Ci sono soldi in mezzo e quindi non si scherza. L’altro aspetto però è più preoccupante. Alcune nazioni straniere credono che l’attuale governo iraniano sia la fine della rivoluzione islamica iniziata nel 1979 con Khomeini o che possa esserlo se messo sotto pressione e perciò vogliono dare man forte all’amministrazione Rohani. È chiaro che non è così ma bisogna ricordare che l’Occidente è riuscito, anche in passato, a neutralizzare altre rivoluzioni. Alcuni attenti analisti stranieri sapevano e sanno benissimo che la preferenza in Iran, a livello nazionale, è ancora per lo più per i conservatori, ma hanno cercato di ingrandire la vittoria riformista per poter poi passare alla seconda fase del piano. Parlare di brogli e cercare di innescare fatti dispiacevoli come quelli del 2009. Su questo hanno lavorato la sezione persiana della BBC e di VOA [Voice of America]. L’ignoranza di certi giornalisti, purtroppo anche italiani, è al di sopra dell’immaginazione. Non voglio fare nomi ma alcuni di loro non sanno le cose più elementari e vengono mandati in Iran. Ho incontrato a queste elezioni giornalisti italiani che non sapevano come si chiama il ministro degli esteri iraniano, che non avevano mai visto la sua immagine, che non sapevano che il nipote di Khomeini non era tra i candidati e che quindi si chiedevano perché non fosse stato votato. C’erano giornalisti italiani che non sapevano niente del sistema governativo iraniano: come viene eletto il presidente, di quanti anni è il mandato dei parlamentari e il loro numero. Alcuni giornalisti credono che l’Iran sia composto dalla sola città di Teheran. Teheran ha 10 milioni di abitanti ma i rimanenti 70 milioni di iraniani vivono in altre regioni e città. Coloro che hanno visitato le splendide province iraniane sanno benissimo che c’è differenza tra le posizioni politiche degli abitanti di Teheran e quelli delle altre città. E non è strano. Mi chiedo, io, un italiano di Milano ha tendenzialmente le stesse idee politiche di un napoletano?
Moderati contro Conservatori o Riformisti contro Conversatori. Qui da noi suona un po’ come “buoni contro cattivi”. Come sono i due schieramenti in realtà?
I due schieramenti sono composti da persone fedeli agli ideali della Repubblica Islamica dell’Iran. In generale devo dire che i conservatori non sono certo degli estremisti e i riformisti non sono degli hippy. Sono due schieramenti rispettabili. In entrambi ci sono persone valide ed anche persone meno valide. Non a caso nel sistema elettorale iraniano si dà il voto scrivendo il nome del candidato e non quello del partito. Questo sistema permette ai cittadini di scegliere e di votare le persone di valore di entrambi gli schieramenti. Dimenticavo, questo non lo sa quasi nessun giornalista italiano. Tutti pensano che si votino i partiti.
Come cambierà la politica estera dell’Iran nella prossima legislatura?
È chiaro che l’Iran, seguendo la volontà e la richiesta della sua popolazione, cercherà di stabilire relazioni amichevole con tutto il mondo, basandosi sul principio del rispetto reciproco. Il presidente Rohani ha reso la politica estera la locomotiva del suo mandato per poter poi far decollare l’economia. Bisognerà aspettare e vedere se ciò sarà possibile. È chiaro che il presidente iraniano dovrà sostenere la produzione interna e farsi aiutare dai partner stranieri per riuscirci. Limitarsi ad importare ciecamente dopo l’abolizione delle sanzioni non farebbe che uccidere l’industria interna. Da iraniano credo che un Paese debba fare affidamento alle proprie forze per crescere e che appoggiarsi solo agli stranieri sia sbagliato. Osservando le politiche dell’attuale governo, soprattutto in materia di economia e produzione industriale, non credo sia stata intrapresa la strada giusta. Ma credo che il prossimo Parlamento potrà correggere questo andamento che appare un po’ ingenuo.
E la politica interna?
Spero solo che la politica interna di Rohani non sia come l’ultimo presidente riformista prima di lui, Seyyed Mohammad Khatami. Quest’ultimo si limitò a fare manovre di facciata soprattutto nel settore della cultura e delle libertà individuali ma dimenticò economia, sanità, servizi sociali e occupazione. Durante il periodo Khatami il prezzo delle case a Teheran aumentò di tre volte, l’inflazione galoppò sopra il 20%, l’industria nucleare venne congelata ed alla fine gli europei proposero agli iraniani di insegnar loro a “usare internet” in cambio dell’abbandono del nucleare. Una proposta che sapeva di presa in giro e di umiliazione.
Qualche tentativo di rivoluzione colorata in arrivo?
A Londra e Washington l’idea continua a piacere, almeno a parte dell’establishment Certo spetterà agli iraniani essere vigili e attenti a non cadere nelle trappole. Comunque non credo sia tanto verosimile il pericolo della ripetizione degli spiacevoli accadimenti del 2009.
Assisteremo ad una nuova Presidenza Ahmadinejad nel 2017?
Bisogna vedere se tra un anno l’attuale rettore di una delle nuove università di Teheran vorrà tornare a gareggiare. Mahmoud Ahmadinejad ha fatto l’errore di comportarsi male, in più situazioni, anche nei confronti della guida suprema dell’Iran. La prima questione è che il Consiglio dei Guardiani, proprio per questi comportamenti del passato, potrebbe non confermare la sua idoneità per candidarsi alle presidenziali. Il secondo punto è capire cosa vogliano fare i conservatori. È vero che hanno vinto le elezioni ma non hanno più la maggioranza assoluta, hanno preso meno voti del passato. A Teheran sono stati letteralmente umiliati dai riformisti: su 30 eletti dalla circoscrizione di Teheran nemmeno uno era conservatore. I conservatori punteranno su un nuovo volto o su Ahmadinejad? In favore di Mahmoud bisogna dire che secondo un recente sondaggio prenderebbe pari voti con l’attuale presidente Rohani se si votasse oggi perché i poveri e gli abitanti delle campagne lo ricordano ancora come un salvatore. La borghesia ed il ceto medio però hanno assistito a molti scandali che hanno coinvolto anche suoi vicini collaboratori. Ad oggi quindi il suo ritorno appare abbastanza incerto ma la principale caratteristica di Ahmadinejad è quella di essere imprevedibile.
Un’ultima domanda: l’Occidente ha mai capito veramente che cosa è stata la rivoluzione islamica in Iran?
Credo proprio di no. Credo proprio che l’Occidente non lo abbia capito, almeno fino ad oggi. Di solito me ne accorgo quando un leader anziano, mite ed affettuoso come Khomeini viene definito un estremista dagli occidentali. Il problema è che l’Occidente che è così avanti nella scienza e nello sguardo critico alle cose, non dubita mai minimamente dei suoi metri e del suo modo di vedere le cose. Ad esempio vedo con stupore che ad alcuni italiani piace parlare in maniera positiva della monarchia corrotta dei Pahlavi e dello sperpero di soldi e risorse da loro praticato e di valutare invece in chiave negativa la Repubblica Islamica, che ha trasformato una nazione che importava persino il formaggio in un paese che ha inviato satelliti nello spazio.
Traduzione per Spondasud di Costantino Ceoldo – PRAVDA freelance
Fonte: Pravda