Il problema dell’embargo sulle armi in Libia non riguarda tanto le decisioni prese nel Palazzo di Vetro dell’Onu, “quanto piuttosto le modalità per farlo rispettare: l’allargamento dei compiti della missione europea Sophia dovrebbe andare in questo senso”. Lo ha detto ad “Agenzia Nova” Mattia Toaldo, analista sulla Libia dell’European Council on Foreign Relations a Londra, commentando la relazione dell’inviato speciale delle Nazioni Unite, Martin Kobler. Quest’ultimo, infatti, ha denunciato che il paese rivierasco è stato letteralmente “inondato” di armi: almeno 20 milioni per 6 milioni di abitanti. “Queste armi non cascano dal cielo, ma attraverso un aumento dei traffici illegali via mare e via terra. Queste spedizioni devono finire”, ha detto Kobler, secondo cui le uniche armi che devono entrare in Libia sono quelle destinate alle “forze regolari” previo via libera del Consiglio di sicurezza. L’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di autorizzare le Forze navali europee impegnate nella missione Sophia a far rispettare l’embargo sulle armi decretato dall’Onu sulla Libia. Il responsabile della diplomazia dell’Ue ha chiesto al Consiglio di adottare una risoluzione che autorizzi la missione a far rispettare l’embargo delle Nazioni Unite nelle acque internazionali al largo delle coste libiche. Mogherini ha espresso la speranza che i membri del Consiglio di sicurezza Onu possano “ancora una volta decidere la cosa giusta per rendere un Mediterraneo un luogo più sicuro”, partendo proprio “dagli amici libici”. L’impiego di Sophia sul controllo dell’embargo sulle armi consentirebbe al governo di accordo nazionale libico di agire in coordinamento con i partner stranieri, allargando la sua influenza anche al resto del paese e interrompendo il flusso di armi destinato alle varie milizie. L’embargo sulle armi è entrato in vigore nel 2011 durante la rivolte contro l’allora leader libico Muhammar Gheddafi e ad oggi resta in vigore.
Parlando davanti al Consiglio di Sicurezza Onu, il diplomatico tedesco ha delineato un quadro preoccupante, soprattutto per quanto riguarda la situazione dei diritti umani. “Oltre 6.000 famiglie di Sirte hanno abbandonato le loro case per sfuggire ai combattimenti e alle operazioni militari contro Daesh”, acronimo arabo di Stato islamico in Iraq e in Siria. “Molti hanno trovato riparo nelle scuole, nelle università e negli edifici pubblici”, ha aggiunto Kobler, secondo cui il numero degli sfollati nel paese rivierasco ha raggiunto la cifra “sbalorditiva” di 435 mila persone, portando “al limite massimo” le capacità di accoglienza. Nel solo mese di maggio, secondo l’inviato Onu, oltre 1.100 migranti sono morti nel Mediterraneo centrale. “Nella sola giornata del 26 maggio oltre 500 migranti sono affogati al largo delle coste della Libia, tra cui 40 bambini. Le morti in mare dei migranti sono aumentate del 30 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”, ha aggiunto il diplomatico. Le partenze tuttavia non sono aumentate: anzi, secondo Toaldo “sono leggermente più basse al 31 maggio”. Per Human Rights Watch (Hrw), organizzazione non governativa con sede a New York, il governo di accordo nazionale di Tripoli non è ancora nelle condizioni di fermare le partenze dei migranti e dei rifugiati dalle coste della Libia, né di migliorare le condizioni dei centri di detenzione dove i migranti rischiano di essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti. “Non penso che il governo di accordo nazionale sia in grado di cambiare di molto la situazione delle partenze dalla Libia o le condizioni dei centri di detenzione”, ha detto ad “Agenzia Nova” Eric Goldstein, vicedirettore per il Medio Oriente e il Nord Africa di Hrw. Lo scorso 23 maggio il Consiglio Affari esteri dell’Unione europea ha approvato un accordo di “capacity building e formazione” della guardia costiera libica. Il rischio, secondo Hrw, è che l’Unione europea possa “sostenere operazioni che manderebbero i migranti nei centri di detenzione libici, dove sarebbero esposti a trattamenti inumani e degradanti”.
Se l’Unione europea addestrerà la Guardia costiera libica a fermare e detenere tutti i migranti irregolari fermati sui barconi, “dovrà assumersi la responsabilità di aver esposto questi migranti a trattamenti inumani e degradanti”, ha aggiunto il vicedirettore di Hrw. “Noi, ovviamente, sosteniamo la necessità di soccorrere in mare di natanti in difficoltà, ma vorremmo evidenziare che il principio include anche lo sbarco delle persone soccorse in un porto sicuro”, ha concluso Goldstein. Secondo Toaldo, infine, “l’Europa deve lavorare col ministero dell’Interno (di Tripoli) sui centri di detenzione” per migranti.
Fonte: Agenzia Nova