a cura di Augusto Manzanal Ciancaglini (politologo)
Gli ultimi eventi nel suo ambiente naturale spingono l’Italia a fare l’opposto del premeditato isolamento del suo nuovo governo.
Nel 2011, in coincidenza con l’inizio della “Primavera araba”, gli arrivi di immigrati sulle coste italiane aumentarono in modo esponenziale; la caduta del regime di Ben Ali in Tunisia e la guerra civile in Libia (sobillata dall’aggressione della NATO a Tripoli, n.d.r.) saranno la propulsione di un fenomeno che verrà riaffermato dopo la morte di Mu’ammar Gheddafi. La Libia è diventata il principale paese di transito verso l’Italia, grazie ad un’instabilità che ha creato anche il terreno di coltura ideale per lo scoppio di trafficanti di esseri umani.
Pur essendo la via più pericolosa, la Libia sta assorbendo molti migranti che cercavano di entrare in Europa per Ceuta e Melilla, poi, con il crescente controllo da parte delle forze di sicurezza marocchine e i rimpatri a caldo dei migranti illegali attivati dalla Spagna, questo punto sta diventando impraticabile.
L’Italia ha cercato di caricarsi il problema sulle spalle con l’operazione Mare nostrum, che ha salvato migliaia di persone, ma, sospettata di produrre un “effetto di richiamo”, in seguito sostituita dall’operazione Triton guidata da Frontex, l’agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione Europea.
È vero che dai 181.376 arrivi al Belpaese registrati nel 2016 si è passati a 119.046 nel 2017. Tuttavia, l’Italia è ancora il pase dell’ Unione Europea con il maggior numero di arrivi.
Allo stesso tempo, già praticamente sconfitto in Iraq e in Siria, il Daesh sta cercando di riorganizzarsi e concentra la sua attenzione sull’Afghanistan, ma anche sull’Africa occidentale e settentrionale, specialmente nel Sahel e in Libia.
D’altra parte, Al-Qaida nel Maghreb islamico continua ad avere una grande presenza, anche se sta subendo un gran numero di arresti; in Tunisia e in Algeria si osserva la maggior parte delle disarticolazioni.
Tutto ciò significa che il caotico sud della Libia e il Mali continuano a essere l’obiettivo principale dell’attività jihadista. Eppure, ci sono grandi movimenti lungo il nord del Maghreb, cioè alle porte del Mar Mediterraneo.
Un altro aspetto da considerare è il fattore economico, fondamentalmente tutto ciò che ha a che fare con l’energia e più specificamente con il gas naturale.
A questo proposito, dobbiamo ricordare che la Russia rimane il primo fornitore di gas naturale dell’Italia nello stesso momento in cui Mosca ha deciso di tornare nel Mediterraneo. Questo sarebbe il motivo per cui Trump ha dato la “benedizione” a Roma per essere protagonista in Libia.
Per quanto riguarda il gas, oltre alla Russia, l’Italia dipende dalla Norvegia, dai Paesi Bassi, dall’Algeria e dalla Libia. A sud, mentre si sviluppano i proggetti Poseidon e TAP (Trans Adriatic Pipeline), l’Italia si alimenta attraverso il gasdotto TTPC (Trans Tunisian Pipeline Company), che trasporta gas dall’Algeria, e attraverso il gasdotto Greenstream, il quale parte dalla stazione di compressione Mellitah Oil & Gas in Libia verso la Sicilia. Quest’ultimo è il canale di approvvigionamento più importante per l’Italia dopo quelli provenienti dalla Russia.
Il Mellitah Oil & Gas, a cui partecipano il NOC (National Oil Company), la compagnia petrolifera nazionale della Libia ed Eni (Ente Nazionale Idrocarburi), la più grande azienda italiana, lascia molti dubbi sulla sua sicurezza. Tuttavia, ENI, che gestiva meno di un quinto di tutta la produzione di petrolio e gas in Libia prima della guerra, paradossalmente oggi gode di quasi un terzo.
Inoltre Eni, che nel 2016 ha avuto il merito di far diventare l’Italia il terzo più grande investitore in Africa, nel dicembre 2017 ha aperto a tempo di record il giacimento di gas naturale del Zohr, egiziano e il più grande del Mediterraneo, con una quota di partecipazione del 60% e lasciando il 30% alla russa Rosneft. Quasi contemporaneamente, il consorzio Total-ENI-Novatek ottiene la licenza per l’esplorazione del petrolio e del gas naturale lungo la costa libanese; la Russia appare di nuovo attraverso Novatek. Apparentemente, ENI, il principale cliente di Gazprom, trasforma l’abbraccio dell’orso russo in varie strette di mano.
Per l’Italia sta diventando chiaro che nell’ultimo decennio le migrazioni dall’Africa sono aumentate e il pericolo terroristico si è avvicinato. Pertanto, questo impegno urgente per la sicurezza, insieme alle nuove opportunità economiche che si aprono, ispirano inevitabilmente la leadership dell’Italia nel Mediterraneo.
Da questa piattaforma sarà in grado di sviluppare pragmaticamente un rapporto di indipendenza con Mosca e un rapporto più interdipendente con Bruxelles.