Si è concluso con una dichiarazione finale congiunta il 30mo Summit dei Paesi della Lega Araba di Tunisi, che ha visto 21 nazioni partecipanti, con 6000 delegati. Nella dichiarazione i paesi arabi in particolare rigettano in blocco la posizione americana del riconoscimento della sovranità israeliana sulle Alture del Golan, rifiutano ogni intervento militare in Libia e prendono la decisione di creare un fondo di sostegno alla Palestina da 100 milioni di dollari al mese.
All’ordine del giorno di questo summit, che doveva essere quello del rilancio di una nuova azione araba comune, anche le grandi sfide della regione, ovvero il terrorismo internazionale, la crisi libica, il conflitto nello Yemen, la possibile riammissione della Siria nella Lega Araba (che continua ad rimanere un tema delicato) e la disputa Arabia Saudita-Iran. Su molti di questi temi non sono mancate divisioni e contrasti. Tra i leader presenti il Re Salman dell’Arabia Saudita, il principe ereditario del Qatar, l’Emiro del Kuwait, il presidente iracheno e quello palestinese, l’egiziano Abd al-Fattah al-Sisi.
Tra gli assenti: il Re del Marocco Mohamed VI, il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika. Non sono mancati i colpi di scena, quali la partenza anticipata dell’Emiro del Qatar Tamim Ben Hamad Ben Khalifa al-Thani, prima del suo discorso, pare a causa di divergenze con il Re Saudita Salman. L’Arabia Saudita, il Bahrain, gli Emirati Arabi e l’Egitto nel 2017 hanno rotto le relazioni diplomatiche con il Qatar, nonostante l’appartenenza alla stessa organizzazione: il Consiglio di Cooperazione del Golfo Persico. Hanno accusato il Qatar di sostenere il terrorismo ed hanno imposto il blocco dei trasporti contro l’emirato. La Tunisia non ha sostenuto questa decisione, al contrario ha instaurato stretti legami con Doha.
Il presidente tunisino Beji Caid Essebsi nel chiudere il vertice ha comunque sottolineato che non verranno risparmiati sforzi nella direzione di una maggiore unione, specificando che “la nazione araba è in grado oggi di superare le difficoltà e di affrontare le sfide che sorgono alla luce della sua determinazione e del suo potenziale umano” e che la “Tunisia collaborerà con i paesi arabi per consolidare la solidarietà e coordinare gli sforzi per servire gli interessi delle persone”.
“Le sfide e le minacce che affronta la regione araba – ha sottolineato – non possono essere risolte separatamente”, ha aggiunto, stimando che “i paesi arabi non hanno altra scelta che essere interdipendenti e rafforzare la fiducia e la cooperazione tra loro”. Essebsi ha anche chiesto ai capi di Stato e alle autorità presenti “una ferma determinazione a identificare le cause dei fallimenti nell’azione comune araba, che ci aiuterà a unificare la nostra visione, a cristallizzare una valutazione congiunta dei rischi e delle sfide e a riclassificare le priorità”.
I partecipanti hanno anche fatto riferimento all’occupazione dell’Iran di tre isole nel Golfo Persico e preso una posizione comune contro le violazioni della sovranità irachena da parte delle forze armate turche.
In concomitanza con il Summit della Lega Araba si è svolto a Tunisia il Vertice della società civile araba che puntava ad un miglioramento della situazione sul fronte dei diritti umani nei Paesi arabi, in particolare in Algeria e in Egitto, intendeva sfidare gli Stati e i leader riuniti al summit arabo e fare pressione su di loro affinché promuovessero miglioramenti “in termini di legislazione e regolamenti”. Giornalisti, intellettuali e scrittori tunisini hanno lanciato un appello alla Lega Araba, esortando i paesi membri ad assumersi le proprie responsabilità nei confronti della causa palestinese e in serata sarà inoltre pubblicata una dichiarazione per sostenere le proteste in Algeria.
Il summit della società civile araba si è chiuso con l’invio di una lettera aperta agli stati arabi, con un elenco di raccomandazioni per promuovere e proteggere i diritti umani nei rispettivi paesi. In questa lettera, i partecipanti hanno espresso il sostegno incondizionato della società civile ai popoli arabi, tra cui sudanesi, algerini e del Barhein.