All’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti inaugurarono un’era di politiche securitarie e interventi militari globali, giustificati dalla lotta al terrorismo. L’invasione dell’Afghanistan nel 2001 e dell’Iraq nel 2003 vennero accompagnate da una strategia di detenzione e interrogatorio che avrebbe condotto a gravi violazioni dei diritti umani. Tra queste, le torture documentate nelle prigioni di Abu Ghraib e Guantanamo rimangono tra le più emblematiche.
Abu Ghraib: il simbolo della brutalità
Abu Ghraib, una prigione situata nei pressi di Baghdad, divenne tristemente nota nel 2004 quando emersero fotografie che ritraevano prigionieri iracheni sottoposti a torture e umiliazioni. Le immagini mostravano detenuti nudi costretti a posizioni degradanti, incappucciati e minacciati da cani militari. Alcuni prigionieri furono abusati fisicamente e sessualmente, mentre altri venivano sottoposti a deprivazione sensoriale e privati del sonno per giorni.
Le testimonianze raccolte da Human Rights Watch e dal Comitato Internazionale della Croce Rossa descrissero un quadro ancora più inquietante. Sami al-Haj, un detenuto sudanese, raccontò di essere stato sottoposto a scosse elettriche e minacciato di morte, mentre altri riportarono violenze psicologiche, come la simulazione di esecuzioni. Una delle pratiche più crudeli consisteva nel forzare i prigionieri a guardare l’abuso di altri detenuti, infliggendo traumi psicologici di lunga durata.
Le indagini rivelarono che le atrocità non furono episodi isolati, ma parte di una politica deliberata. Manuali approvati dalla CIA e dal Dipartimento della Difesa includevano molte delle tecniche utilizzate, definite come “avanzate” per gli interrogatori. Sebbene alcuni soldati statunitensi siano stati processati, le responsabilità ai livelli più alti dell’amministrazione non sono mai state affrontate pienamente.
Guantanamo: un limbo legale
La prigione di Guantanamo Bay, a Cuba, fu istituita nel 2002 per detenere presunti terroristi catturati in tutto il mondo. La scelta di questa località consentì agli Stati Uniti di aggirare le garanzie legali previste dalla propria Costituzione. I detenuti furono trattenuti indefinitamente, senza accuse formali o processi regolari.
Tra le pratiche adottate a Guantanamo figuravano il waterboarding (simulazione di annegamento), l’isolamento prolungato e la privazione del sonno. Mohamedou Ould Slahi, un ex detenuto mauritano, descrisse nel suo libro “Guantánamo Diary” di essere stato sottoposto a torture incessanti, inclusi pestaggi, minacce sessuali e esposizione prolungata al freddo. In un’altra testimonianza, Shaker Aamer, cittadino britannico, raccontò di essere stato privato del sonno per settimane e alimentato forzatamente attraverso metodi dolorosi.
Secondo documenti desecretati e testimonianze dirette, molti detenuti furono costretti a confessare crimini mai commessi, mentre venivano sottoposti a trattamenti crudeli, inumani e degradanti. La struttura ospitò fino a 779 detenuti, alcuni dei quali adolescenti all’epoca della cattura. L’assenza di supervisione legale e l’opacità dei procedimenti crearono un contesto in cui gli abusi erano sistematici.
Il ruolo della CIA e delle alte sfere
Le politiche di tortura furono orchestrate con il supporto della CIA e l’approvazione della Casa Bianca. Memorandum legali, redatti da consiglieri dell’amministrazione Bush, ridefinirono i limiti della tortura, permettendo tecniche che violavano apertamente il diritto internazionale. Inoltre, la CIA gestì una rete di “black sites”, strutture segrete in vari paesi dove i prigionieri venivano interrogati lontano da ogni controllo legale.
Le “black sites” in Europa orientale e Asia furono teatro di tecniche ancora più estreme, come l’uso prolungato di posizioni stressanti e la reclusione in spazi angusti per settimane. Testimonianze di ex detenuti, come Khaled El-Masri, un cittadino tedesco sequestrato per errore, hanno ulteriormente evidenziato l’abuso di potere e l’assenza di meccanismi di controllo.
Le conseguenze sulla scena internazionale
La scoperta delle torture perpetrate nelle carceri statunitensi provocò indignazione globale e minò gravemente la credibilità degli Stati Uniti come promotore dei diritti umani. Organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch hanno continuato a denunciare l’impunità delle alte sfere politiche e militari responsabili di queste pratiche.
Nonostante le promesse di chiudere Guantanamo e riformare il sistema di detenzione, molte problematiche strutturali persistono. Abu Ghraib e Guantanamo rimangono simboli di un’epoca in cui la lotta al terrorismo è stata utilizzata per giustificare violazioni sistematiche della dignità umana.
Guantánamo: una prigione che resiste nel tempo
A più di vent’anni dalla sua apertura, il centro di detenzione di Guantánamo Bay continua a essere operativo, attraversando sette diverse presidenze degli Stati Uniti. Nel corso degli anni, Guantánamo ha visto passare 780 detenuti, molti catturati in Afghanistan dai servizi segreti pachistani, ma anche in altri luoghi del mondo. Molti di loro hanno attraversato un labirinto di prigioni segrete prima di essere trasferiti definitivamente nella base statunitense. Tuttavia, la maggior parte di queste persone non è mai stata processata. Si stima che quasi il 90% dei detenuti sia rimasto a Guantánamo senza affrontare un tribunale.
Le amministrazioni statunitensi hanno gestito il trasferimento di molti prigionieri verso paesi terzi: oltre 500 durante la presidenza Bush, circa 200 con Obama, uno sotto Trump e sei con Biden. Tragicamente, nove detenuti non hanno mai lasciato la prigione, avendo scelto il suicidio.
Le commissioni militari create per giudicare i sospetti hanno prodotto risultati esigui: solo nove condanne, tre delle quali continuano a essere scontate all’interno del centro. Oggi, Guantánamo ospita ancora 30 detenuti. Di questi, undici sono stati accusati di crimini di guerra: uno è stato condannato, mentre gli altri sono ancora in attesa di processo. Tra loro figura Khalid Sheikh Mohammad, che si è autoproclamato ideatore degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001.
Nonostante il passare degli anni e le promesse di chiusura, Guantánamo resta un simbolo controverso della lotta al terrorismo, segnando un capitolo complesso della storia statunitense e delle sue politiche di sicurezza.