Netanyahu-Trump, il solito gioco di potere di chi crede di essere il padrone del mondo


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(Federica Cannas) – Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è volato a Washington per incontrare il presidente Donald Trump e discutere un piano strategico che dovrebbe, nelle loro intenzioni, “stabilizzare” il Medio Oriente. Una parola che, nel linguaggio della geopolitica a stelle e strisce, significa solo una cosa. Assicurarsi che tutto vada nella direzione voluta da Washington e Tel Aviv, a discapito di chiunque altro.

Nell’agenda dell’incontro, i soliti punti: la sicurezza di Israele, la questione Hamas, il contenimento di Hezbollah e degli Houthi, e ovviamente l’Iran. In questo gioco di potere che si ripete da decenni, Stati Uniti e Israele si arrogano il diritto di decidere chi può avere un arsenale nucleare e chi no, chi può difendersi e chi deve essere messo all’angolo, chi merita la definizione di “terrorista” e chi invece è un alleato strategico.

Tra gli argomenti principali dell’incontro, il dossier iraniano: l’ossessione per la Repubblica Islamica non conosce tregua, e Netanyahu si prepara a ricevere il sostegno incondizionato di Trump per aumentare la pressione su Teheran. La narrativa è sempre la stessa: l’Iran è una minaccia perché potrebbe sviluppare armi nucleari. Poco importa che Israele, potenza nucleare non dichiarata, detenga da decenni un arsenale atomico senza mai essere stato sottoposto a controlli internazionali. Poco importa che gli Stati Uniti abbiano migliaia di testate nucleari, mentre impongono sanzioni e minacciano guerre a chiunque provi a costruirne una.

Il doppio standard è evidente. Il nucleare è accettabile solo se in mano agli “amici”, mentre è un crimine inaccettabile se riguarda paesi che osano sfidare l’ordine imposto dall’Occidente. L’Iran deve smantellare ogni progetto, mentre Israele e gli Stati Uniti continuano a detenere e modernizzare i loro arsenali senza che nessuno osi contestarlo.

Netanyahu e Trump parlano di pace, ma ciò che realmente intendono è il controllo di quell’area. Anche le trattative per una tregua con Hamas sono funzionali a questo obiettivo: la priorità non è la protezione dei civili o la fine della guerra, ma la garanzia che Israele rimanga l’unico arbitro del futuro della Palestina e dell’intero Medio Oriente.

Israele e Stati Uniti non vogliono una vera pacificazione della regione, ma una situazione in cui tutti i nemici siano o eliminati o ridotti al silenzio. Ogni resistenza viene etichettata come terrorismo, ogni tentativo di autonomia da parte di altri paesi è visto come una minaccia. La stabilità che cercano non è quella di un Medio Oriente pacifico e cooperativo, ma quella di un’area in cui nessuno possa sfidare la loro egemonia.

L’incontro tra Netanyahu e Trump è solo l’ennesima prova di un sistema che continua a funzionare secondo regole ingiuste e squilibrate. Le decisioni su chi può avere armi nucleari, su chi può essere considerato una minaccia e su chi deve essere colpito non vengono prese sulla base di principi universali, ma sulla base di interessi di potere ben precisi. Eppure, questa ipocrisia non viene mai messa in discussione da chi detiene il microfono dell’informazione globale.

Finché Israele e gli Stati Uniti continueranno a considerarsi gli unici padroni del gioco, il Medio Oriente non troverà mai la pace. Perché la pace vera non si costruisce con minacce e diktat, ma con il rispetto reciproco e la fine delle politiche imperialiste travestite da diplomazia.


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