(Atlantico) – L’Ucraina è in preda a grandi problemi interni: dopo la Crimea, Donetsk annuncia un referendum sull’annessione alla Russia. Il paese si frantuma senza che Vladimir Putin abbia bisogno di ricorrere alla forza.
Intervista a Béatrice Giblin, studiosa di geopolitica, ex direttrice dell’Istituto francese di Geopolitica all’università di Parigi VIII.
Dopo la Crimea, è Donetsk ad annunciare un referendum sulla sua indipendenza di fronte al Parlamento di Kiev. Dall’inizio della crisi, l’Occidente attribuisce a Putin la responsabilità di questi problemi. Che interesse potrebbe avere il Cremlino in una Ucraina divisa?
Vladimi Putin condivide con numerosi russi la convinzione che l’Ucraina non sia una nazione separata e che la sua lingua non sia affatto comparabile alla lingua russa, con la quale si è scritta una grande letteratura: è per loro, dunque, insopportabile, vedere una grande maggioranza di ucraini rivendicare la loro indipendenza, poiché considerano l’Ucraina, in qualche modo, una provincia russa. Bisogna averlo ben chiaro in testa se si vuole comprendere l’attitudine di Putin e il grande sostegno che incontra la sua politica nei confronti dell’Ucraina. I manifestanti di Donestk non sono molto numerosi, ma si sentono palesemente sostenuti dal “fratello maggiore” russo. Tuttavia, la regione del Donbass non è la Crimea (una penisola concessa all’Ucraina nel 1954) dove la popolazione russofona è, in effetti, maggioritaria, questo non è il caso di Donbass. Nell’eventualità di un intervento russo in nome della difesa della popolazione russofona, le reazioni della popolazione ucraina sarebbero, certamente, più violente e una guerra civile non sarebbe da escludere. E’ il motivo per il quale le autorità ucraine fanno attenzione a non dare alcun pretesto a Vladimir Putin d’intervenire in nome della difesa dei russofoni. Inoltre, sarà difficile ignorare l’appello delle autorità ucraine alla NATO. Non sono sicura che l’esercito russo sia abbastanza performante, da far correre a Putin questo rischio. Quanto alla divisione dell’Ucraina, questa non sarebbe possibile, non essendoci le stesse condizioni, molto favorevoli in tal senso, che hanno, invece, permesso la riannessione della Crimea alla Russia. Inoltre le reazioni dell’insieme dei paesi ONU sarebbero sempre più ostili perché si tratterebbe di una violazione incontestabile della sovranità nazionale.
La Russia è l’unica responsabile dei problemi che sta conoscendo l’Ucraina?
Certamente no, i diversi dirigenti ucraini in carica dai tempi dell’indipendenza hanno, anche loro, una grande responsabilità: incompetenza e corruzione hanno messo questo paese in una situazione economica drammatica, di cui la popolazione paga oggi i costi. Dopotutto, è questa situazione economica che permette a Putin di fare pressione sul governo ucraino, dipendente dal gas russo, ambito in cui gli occidentali non potevano competere. L’aumento globale del prezzo del gas mette, di fatto, l’Ucraina in una posizione delicata. L’Unione Europea ha una parte di responsabilità, quando propone uno statuto d’associazione all’Ucraina. Una proposta che ha preoccupato Vladimir Putin, che vede in questa associazione il cavallo di troia dell’integrazione dell’Ucraina alla NATO, inaccettabile in quanto percepito come una minaccia diretta alla Russia.
Quali sono le ragioni che spingono l’Ucraina a frantumarsi, poco a poco? Finirà col trovarsi completamente frantumata?
Non è l’Ucraina che tende a frantumarsi, ma sono le popolazioni russofone – russi residenti in Ucraina o installati in Ucraina da lungo tempo – che, percependosi sempre come russi, vogliono preservare le loro strette relazioni con quello che considerano a come il loro paese. In compenso, la maggioranza degli ucraini non vuole la partizione del loro paese e solo un rapporto di forza molto sfavorevole ha costretto l’Ucraina a rinunciare alla Crimea.
La Russia gode oggi di interessi economici e strategici in Ucraina. Quali sono i rischi che incontrerebbe Putin nel tentativo di atomizzare l’Ucraina? Perderebbe un mercato, un partner?
L’economia ucraina è uno stato che sul piano energetico è fortemente dipendente dalla Russia, credo che il problema non sia economico ma geografico. Il progetto euroasiatico di Vladimir Putin non avrebbe gran senso senza l’Ucraina ed egli non può accettare che il suo grande vicino sfugga dalla sua zona di influenza.
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Intervista a Pierre Lorrain, giornalista, scrittore e ricercatore indipendente francese, esperto di URSS e Russia
Dopo la Crimea, è Donetsk ad annunciare un referendum sulla sua indipendenza di fronte al Parlamento di Kiev. Dall’inizio della crisi, l’Occidente attribuisce a Putin la responsabilità di questi problemi. Che interesse potrebbe avere il Cremlino in una Ucraina divisa?
Mi sembra che il problema della divisione dell’Ucraina sia secondario per il Cremlino. Il vero interesse della Russia è avere un partner economico e strategico stabile. Per comprendere bene, conviene ricordare la situazione tra la Russia e l’Ucraina dalla caduta dell’Unione Sovietica. Anche se l’URSS era ufficialmente uno stato federale, era governato dal partito comunista sovietico come uno stato unitario. Ciò era particolarmente vero nel settore industriale. La produzione di un bene era distribuita su tutto il territorio e diverse fabbriche situate nelle repubbliche vi contribuivano. Questo creava una interdipendenza, fonte di grossi problemi al momento della caduta del paese. In Ucraina, il settore industriale era particolarmente sviluppato, ma questo non era un vantaggio: il complesso militare giocava la parte da leone nella produzione. Ora, i beni prodotti potevano essere venduti solo alla Russia e agli altri paesi dell’ex-URSS. Ad esempio, motori progettati per degli elicotteri sovietici Mil non potevano semplicemente essere proposti a dei costruttori europei o americani. Riorientare la produzione comportava delle modifiche notevoli e molto onerose nella catena di prodizione. E poi, perché cercare dei nuovi sbocchi quando si dispone già di una clientela consolidata, che non chiede altro che continuare a comprare i propri prodotti. Ecco come sono durati i legami d’interdipendenza industriale e economica tra l’Ucraina e la Russia. E ancora, l’Ucraina è fortemente dipendente dal suo grande vicino che, dalla caduta dell’URSS, gli forniva petrolio e gas a prezzi inferiori a quelli di mercato. Se l’est e il sud dell’Ucraina sono “pro-russia”, come si dice generalmente, non è solo a causa di una prossimità culturale e linguistica multisecolare, ma ugualmente perché l’industria ucraina si concentra in queste regioni e i suoi sblocchi si trovano in Russia.
Questa situazione si è particolarmente complicata a causa della crisi politica, che agita l’Ucraina in maniera quasi permanente dalla rivoluzione arancione dell’inverno 2004-2005. Le urne non hanno permesso di garantire una maggioranza durevole nel lungo termine alla Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino. Il partito delle Regioni (russofilo) vincitore delle elezioni, non è in grado di formare una vera maggioranza, nonostante rappresenti un terzo dell’elettorato, mentre un altro terzo è composto di “eurofili” dell’ovest dell’Ucraina, ostili alla Russia e il resto è formato da partiti che si alleano con l’uno o con l’altro in funzione delle circostanze. Per Mosca, è importante che le autorità di Kiev sappiano conservare l’equilibrio tra le loro aspirazioni europee dell’ovest del paese e gli imperativi industriali dell’est. Quando era primo ministro, Ioulia Timochenko, era ben vista presso il Cremlino. Lo stesso valeva per Viktor Ianoukovitch, dopo la sua elezione alla presidenza nel 2010 (nonostante Putin e Ianoukovitch non si piacessero un gran che). Questo equilibrio è stato rimesso in discussione per una presa di potere del movimento del Maidan, il febbraio scorso. Per evitare delle derive che metterebbero in pericolo non solamente i suoi interessi, ma anche quelli dell’est dell’Ucraina, la Russia insiste oggi non per una divisione, ma per una soluzione federale (come in Belgio o in altri paesi dove le tensioni interregionali sono forti).
La Russia è l’unica responsabile dei problemi che sta conoscendo l’Ucraina?
Se si osserva lo sviluppo degli eventi, sembra invece che il responsabile principale della situazione sia l’Unione Europea, a causa della sua indecisione (ma come agire in maniera condivisa con 28 paesi?) e la sua incapacità di tenere in considerazione – per dei motivi essenzialmente ideologici – gli interessi della Russia e dell’est dell’Ucraina. E’ l’Europa che ha rifiutato, a novembre e dicembre scorso, di intraprendere dei negoziati tripartiti UE-Ucraina-Russia, come lo richiedeva il governo ucraino. Gli europei hanno dimenticato che quando gli interessi di un paese sono minacciati, questo paese ha la tendenza farli difendere, come hanno mostrato gli Stati Uniti nel 1989 con l’invasione di Panama.
Quali sono le ragioni che spingono l’Ucraina a frantumarsi, poco a poco? Finirà col trovarsi completamente divisa?
Il vero problema è che non c’è un’identità, ma delle identità ucraine. Il paese è composto di regioni che hanno conosciuto delle evoluzioni diverse, condivise nel tempo con l’Impero russo, l’Impero austro-ungarico e la Polonia. Il solo denominatore comune della regione è stata la dominazione sovietica a partire della seconda guerra mondiale. C’è, però, una parte che considera la sua appartenenza all’URSS come naturale, perché apparteneva precedentemente alla Russia, e un’altra parte che rifiuta l’annessione, considerando la presenza sovietica come un’occupazione.
La Russia gode oggi di interessi economici e strategici in Ucraina. Quali sono i rischi che incontrerebbe Putin nel tentativo di atomizzare l’Ucraina? Perderebbe un mercato, un partner?
L’obiettivo di Vladimir Putin non è quello di atomizzare l’Ucraina, ma giustamente di preservare i suoi interessi economici e strategici. Lo sviluppo del settore industriale dell’Ucraina è importante per Mosca. Ed è poi per questo che la Russia ha continuato a fornire energia a basso costo all’Ucraina per più di 20 anni, anche quando Kiev, per quanto riguarda il pagamento, è spesso inaffidabile.
Oggi le fabbriche ucraine assicurano la manutenzione e la riparazione dei missili strategici della forza d’attacco russa, costruiscono motori per aerei o elicotteri e turbine per le navi, così come una moltitudine di componenti diversi. Tuttavia, da quando, la settimana scorsa, il governo provvisorio russo ha decretato un embargo sulle esportazioni militari verso la Russia, il complesso militare e industriale russo ha iniziato a studiare delle soluzioni alternative. Inoltre, annettendo la Crimea, Mosca ha messo in sicurezza la base navale di Sebastopol, elemento di discordia maggiore tra Mosca e Kiev. Si può dire, quindi, che se la crisi continua e se non si troverà una soluzione, Mosca perderà certamente un fornitore importante. Ma anche l’Ucraina perderà il suo principale sbocco industriale.
Traduzione di Carla Melis (Spondasud)