
Di Franz di Maggio
Lo scorso anno ho partecipato alla manifestazione del 25 aprile con la brigata Ebraica. Quest’anno non ci sarò. La mia posizione storica è e rimane la stessa: chi ha fornito un contributo in vite e sacrifici ha gli stessi diritti di tutti i partecipanti. È una visione storica, ripeto. La storia deve essere letta in maniera sincronica, sui tempi che vengono rappresentati e sulle argomentazioni che portarono le comunità ebraiche italiane a partecipare alla Resistenza.
Allo stesso tempo, però, non è possibile scindere la realtà di oggi (visione diacronica) da quella Storia, perché, in fin dei conti, è oggi che si sfila in manifestazione. Con questo ogni violenza va condannata, e chi va a una manifestazione per ingiuriare quel passato, continuo a ripetere, è in torto. Ma se la comunità ebraica, come ha fatto coraggiosamente il rabbino Di Segni partecipando ai funerali di Papa Francesco, volesse smarcarsi da ogni ipocrisia, potrebbe benissimo scegliere di dichiararsi apertamente contraria alla politica del governo di Israele, condannando il genocidio che Netanyahu e i suoi stanno perpetrando nei confronti dei gazidi. Allo stesso tempo non posso essere che d’accordo con chi chiede di liberare Gaza da Hamas, allineandosi alla Ragione di Abu Mazen e dei palestinesi ragionevoli.
Sono sempre del parere che la vita sia qualcosa di terribilmente complicato, e semplificare possa portare a danni sempre peggiori che inevitabilmente la storia giudicherà. Il mio appello per il 25 aprile porta il segno della pace. Chissà, forse (quante cose non si possono dire) era quello che pensava anche il Papa.
Di sicuro il cardinale Pizzaballa queste dinamiche complesse le conosce molto bene e un’ analisi che venga da chi sul campo ci ha vissuto, porta inevitabilmente a comprendere le ragioni di tutte le parti. E, sì, la nostra lotta contro le facili semplificazioni. Buon 25 aprile, sempre.