Jeannette Jara, prima donna comunista a guidare la corsa presidenziale in Cile


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(Federica Cannas) – La scena politica cilena si è tinta di rosso, e non solo simbolicamente, con la storica vittoria di Jeannette Jara alle primarie della coalizione governativa Unidad por Chile. Una donna, comunista, ex ministra del Lavoro nel governo Boric, sarà la candidata che il progressismo cileno presenterà alla presidenza nelle elezioni di novembre. È la prima volta dal ritorno alla democrazia che un’esponente del Partido Comunista de Chile viene scelta per guidare l’alleanza ufficialista. Una svolta inaspettata, almeno per l’establishment. Ma non per chi ha osservato con attenzione il suo lavoro riformista, discreto ma tenace, portato avanti in questi anni al fianco di Gabriel Boric.

“Passa immediatamente a guidare le forze del progressismo verso il futuro” – ha scritto il presidente Boric in un post su Instagram, elogiando la leadership della sua ex ministra. “Il futuro non sarà facile, ma Jeannette conosce bene le battaglie difficili”. Un’investitura carica di affetto e realismo.

Il risultato parla chiaro, oltre il 60 % dei voti. Jara ha superato nettamente la ministra dell’Interno Carolina Tohá (28 %) e il deputato Gonzalo Winter (9 %), in una consultazione che ha coinvolto circa 1,4 milioni di cileni. Un’affluenza modesta, il 9 % del corpo elettorale, ma sufficiente a certificare una scelta politica importante.

Jeannette Jara ha vinto, convincendo settori molto diversi del campo progressista. Una conferma della sua capacità di mediazione, sviluppata negli anni di governo. Classe 1974, originaria di Conchalí, avvocata e amministratrice pubblica, Jara ha cominciato a militare nelle Juventudes Comunistas da giovanissima. Si è formata nella lotta studentesca, per poi salire gradualmente i ranghi del partito. Nel governo Boric ha ricoperto un ruolo cruciale come ministra del Lavoro e Previdenza Sociale, diventando una delle figure più popolari della squadra esecutiva.

Le sue riforme parlano per lei. La Legge Karin contro le molestie sul lavoro, la riduzione dell’orario settimanale a 40 ore, l’aumento del salario minimo, e una proposta di profonda riforma del sistema pensionistico. Provvedimenti che l’hanno fatta apprezzare anche al di fuori dell’elettorato tradizionale comunista.

Il suo nome era partito in sordina, in una campagna dominata dalla polarizzazione tra socialisti e indipendenti. Ma Jara ha saputo costruire consenso con una narrazione inclusiva, pragmatica, rassicurante. Ha parlato di giustizia sociale, sì, ma anche di stabilità, di lavoro dignitoso, di futuro. Il suo linguaggio è fermo ma sobrio. Il suo stile, vicino a quello di Michelle Bachelet, ne ha fatto una figura di sintesi. Una comunista dialogante, capace di guardare al centro senza snaturare le proprie radici. Il suo discorso dopo la vittoria è stato chiaro: “Seguiremos siendo un país libre, independiente y soberano”. Nessuna retorica aggressiva, ma l’affermazione serena della propria visione.

Il cammino non sarà semplice. Alle elezioni di novembre Jara dovrà affrontare una destra agguerrita e in piena rimonta. In testa ai sondaggi ci sono José Antonio Kast, leader dell’ultradestra, ed Evelyn Matthei, sindaca di Providencia ed esponente della destra moderata. Entrambi si aggirano attorno al 24 %, mentre Jara parte da una base attorno al 20 %.

Il rischio di una frammentazione del fronte progressista è reale. Sarà necessario ricompattare le file, dialogare con i socialisti, recuperare l’entusiasmo della base. E soprattutto, contrastare un discorso pubblico dominato da sicurezza, ordine e paura. L’attuale presidente ha scelto di non schierarsi apertamente in campagna, ma il suo messaggio post-elettorale è stato inequivocabile. Boric ha salutato Jara come la nuova guida delle forze progressiste, sottolineando il valore della democrazia partecipata: “Più di un milione e quattrocentomila persone hanno deciso, rafforzando così la democrazia.” Un segnale importante, che segna la continuità tra il suo governo e la candidatura di Jara. Non una discontinuità, ma un passaggio di testimone.

La candidatura di Jeannette Jara rappresenta una sfida e un simbolo. Una donna comunista, moderata, esperta di politiche pubbliche, alla guida di una coalizione che cerca di rinnovarsi senza perdere sé stessa. In un’epoca in cui i populismi sembrano attrarre gli scontenti, la sua proposta si basa su un’idea più solida di società: equa, giusta, sicura, partecipata.
In questo momento cruciale della storia cilena, la sfida di Jara è quella di non lasciare il campo alla paura, ma di trasformare il coraggio in speranza.


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