L’Arabia Saudita critica la società internazionale: troppa indifferenza sul terrorismo


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(Alessandro Aramu) – L’Arabia Saudita critica la società internazionale per la sua indifferenza nei confronti del terrorismo. È quanto scrive Sulman al-Dusrī sul quotidiano Asharq al-Awsat. È un’analisi dura nei confronti di quei paesi che sono rimasti sordi di fronte all’allarme lanciato dal monarca saudita Abdullah Ibn al-Azīz. Una posizione che il leader saudita ha confermato anche nel corso di un recente discorso in cui ha posto l’accento sulla mancanza di collaborazione degli altri Paesi nel sostenere il progetto del 2005 che riguarda la creazione di un centro internazionale per la lotta al terrorismo.

Sullo sfondo ci sono senza dubbio le crisi in Iraq e Siria, il rafforzarsi dei movimenti integralisti e jihadisti nella regione (in particolare il Fronte al Nusra e lo Stato Islamico) e l’espandersi dei movimenti islamisti che in qualche modo sono ritenuti responsabili delle violenze in Medio e Vicino Oriente.

“Le ragioni della delusione del re saudita – scrive Sulman al-Dusrī – appaiono dunque chiare: se tali Paesi avessero agito in modo concreto e avessero mostrato interesse ai tempi delle prime collisioni, oggi la soluzione non sarebbe stata così complicata. Non si sarebbe assistito alla formazione dell’ISIS o alla lotta tra i concittadini in Siria, Iraq, Yemen e Libia, il tutto in nome dell’islam. La verità risiede esclusivamente nella negligenza internazionale, nella mancanza di introduzione di politiche strategiche precise da parte di organizzazioni in difesa dei diritti umani”.

L’Arabia Saudita ha mantenuto rapporti freddissimi con l’Egitto dei Fratelli Musulmani, mentre fin dall’inizio ha appoggiato il nuovo corso del Presidente al- Sisi. Una freddezza che contraddistingue anche le relazioni con Hamas, l’organizzazione politica considerata la filiale palestinese della Fratellanza. A differenza del Qatar, che finanzia questi movimenti politici, l’Arabia Saudita ha perseguito, anche facendo proprio un richiamo guide spirituali e gli ulema del mondo islamico, una politica che non deturpasse “l’immagine dell’islam presentandolo come religione estremista”.

In questa ottica, ha messo fuori legge, inserendole nella lista nera delle organizzazioni terroristiche, sigle come al Nusra e Stato Islamico. Eppure Riyad è stato uno dei principali sponsor del conflitto siriano, armando e supportando economicamente alcuni tra i più potenti gruppi armati sul terreno. Nel Fronte islamico, ad esempio, sono confluite diverse armate, come l’Esercito dell’islam, nato in polemica con la Coalizione nazionale siriana e finanziata dai sauditi con milioni di dollari. I sauditi inoltre, si sono anche proposti di pagare tutti i costi dell’attacco che nel settembre del 2013 gli Stati Uniti stavano pianificando contro la Siria dopo l’attacco chimico a  Ghouta.

Questo non ha impedito al re Abdullah di descrivere gli avvenimenti a Gaza in termini di “massacri sociali” o “crimini di guerra”, al contrario di Washington che si è limitato a definire la situazione “allarmante”.

L’articolo su Asharq al-Awsat si chiude con un’osservazione:  “Vi è chi sceglie il silenzio, mentre altri, purtroppo, si alleano ai terroristi, ne agevolano la missione, ne giustificano i crimini e li difende. Ma questi ultimi credono davvero di essere al sicuro?”

 

 

Alessandro Aramu (1970). Giornalista, direttore della Rivista di geopolitica Spondasud. Autore di reportage sulla rivoluzione zapatista in Chiapas (Messico) e sul movimento Hezbollah in Libano, ha curato il saggio Lebanon. Reportage nel cuore della resistenza libanese (Arkadia, 2012). È coautore dei volumi Syria. Quello che i media non dicono (Arkadia 2013) e Middle East. Le politiche del Mediterraneo sullo sfondo della guerra in Siria (Arkadia Editore 2014).

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