(Don Salvatore Lazzara) – I cristiani dicono no: alle donne stuprate fino alla morte, ai bambini usati come scudi umani, alle teste decapitate impalate sui cancelli delle case. Per contrastare la violenza fondamentalista -riferisce l’agenzia AFP-, da qualche tempo circa 2000 volontari hanno formato la Brigata Cristiana dell’Iraq, per contrastare l’avanzata dell’ISIS. I nuovi combattenti hanno imbracciato le armi e formare le proprie milizie per sostenere le forze curde e quelle del governo federale. Le numerose violenze a cui sono sottoposte le donne superano l’umana immaginazione: «Diverse ragazze si sono suicidate. Una ragazza si è impiccata con il velo ed è morta. Salvateci, salvateci. Chiunque possa sentire la nostra voce, Stati Uniti, Europa, chiunque, per favore aiutateci, salvateci».
Grida con tutta la voce che ha, una ragazza 24enne che è riuscita, segretamente, a entrare in contatto telefonico con l’emittente televisiva curda Rudaw. La sua identità è protetta perché lei è una delle duecento ragazze irachene yazidi sessualmente schiavizzate dai miliziani dell’Isis. Lei, una delle testimoni dirette della tremenda avanzata dello Stato Islamico che sta seminando terrore e morte nella popolazione locale. La giovane, ha raccontato la sua vicenda e quella di alcune sue compagne che, dopo i soprusi subiti, si sono suicidate. Durante la telefonata, la ragazza ha spiegato di essere segregata in una sala di un edificio di Baaji, contea in provincia di Mosul. Piangendo ha chiesto al giornalista di chiedere ai jet di bombardare l’area, perché preferiva essere uccisa che subire altre sevizie. Tutto ciò ha spinto la creazione della Brigata, per aiutare e sostenere quanti ancora si trovano in difficoltà a causa delle continue vessazioni praticate dai terroristi islamici.
A Sharafya, a nord della piana di Ninive, i miliziani islamici che avevano conquistato il villaggio sono stati scacciati a metà agosto dai peshmerga, ma un mese dopo, le strade sono ancora vuote. I jihadisti si trovano ancora a pochi chilometri di distanza, nel villaggio di Tel Kef, e solo pochi uomini in uniforme controllano la zona. A prima vista, riferisce un reportage dell’Agenzia France Presse, sembra che si tratti di peshmerga, le forze curde, che indossano uniformi color kaki e hanno il kalashnikov a tracolla. Ma ricamato sulla manica hanno uno scudo che li distingue: il drappo assiro barrato da due fucili.
Questi uomini appartengono a una nuova brigata in via di formazione composta da assiri, popolazione cristiana insediata da millenni nella piana di Ninive. Formata lo scorso 11 agosto e ribattezzata “Dwekh Nawsha”, che vuol dire martirio futuro nel dialetto armeno locale. Attualmente è composta per ora da un centinaio di uomini. “Non siamo molto numerosi, ma la nostra fede è grande”, ha detto il luogotenente Odicho, incaricato dell’addestramento. Secondo il Movimento democratico assiro, uno dei partiti politici della regione, già duemila uomini si sono presentati come volontari per combattere l’Isis, responsabile di molte violenze nei confronti della minoranza cristiana. I curdi stanno addestrando alcuni battaglioni cristiani e yazidi arruolando profughi fuggiti in Kurdistan dopo l’offensiva estiva dello stato Islamico.
Per rafforzare i ranghi e migliorare l’equipaggiamento delle milizie cristiane una delegazione di assiri iracheni si è recata in Libano a chiedere aiuto alle Forze Libanesi (FL), la principale milizia cristiana che ha combattuto nella guerra civile nel paese, fra il 1975 e il 1990. Samir Geagea, leader delle FL, ha fatto sapere che il suo partito è pronto a “sostenere tutte le decisioni che prenderanno i cristiani in Iraq”. La creazione di “brigate” cristiane in Iraq ricorda da vicino l’ingaggio degli assiri in Siria, dove si battono tuttora insieme al partito dei curdi siriani impegnato in queste settimane a difendere la regione curda del nord est dall’attacco delle forze del Califfato.