«Difendere l’Italia dallo Stato Islamico». È il titolo dell’editoriale del Washington Post firmato da James Stavridis, ammiraglio della US Navy e comandante della Nato durante l’intervento in Libia del 2011. «Roma è forse il simbolo più potente tra quelli odiati dallo Stato Islamico», scrive Stavridis in riferimento alle minacce lanciate dall’Is contro l’Italia. Minacce che non vanno prese alla lettera, con la loro pretesa di far sventolare la bandiera jihadista sulla Basilica di Piazza San Pietro, ma nemmeno sottovalutate nella loro potenziale pericolosità. «Lo Stato Islamico non ha le capacità di lanciare un attacco convenzionale contro l’Italia, ma attraverso il mare ha due potenziali rotte di ingresso nel Paese». La prima parte dalla Libia e potrebbe vedere l’infiltrazione dei miliziani jihadisti nei barconi di migranti illegali che salpano dalle coste del Paese nordafricano e sbarcano in Italia.
La seconda, potrebbe vedere l’impiego di piccole imbarcazioni, al pari di quanto fanno i contrabbandieri che operano nell’Adriatico, scrive l’ex ammiraglio Usa. Gli italiani, prosegue, stanno «rispondendo con i corretti passi iniziali» alla minaccia, mettendo in allerta le forze armate e i Carabinieri; intensificando il pattugliamento del tratto di mare tra la Libia e il sud Italia; condividendo le informazioni di intelligence a livello della Nato, dell’Unione europea e dell’Interpol; e pubblicizzando tutte queste azioni per mostrarsi come un bersaglio difficile.
«La forza navale dell’Alleanza atlantica aiuti la Marina italiana a pattugliare il Mediterraneo» (AdnKronos) – «Cos’altro può essere fatto?», si domanda Stavridis. Per prima cosa, «deve essere coinvolta la Nato» e la forza navale di reazione rapida dell’Alleanza atlantica «potrebbe essere impiegata per sollevare la Guardia Costiera e la Marina militare italiane dal sovraccarico di lavoro».
In secondo luogo, occorre «aumentare la raccolta di informazioni di intelligence» su quanto sta accadendo in Libia. Il terzo punto della strategia delineata da Stavridis prevede «un’attenzione ancora maggiore verso la minaccia che proviene dal mare», con pattugliamenti aerei dalle basi siciliane, una maggiore cooperazione con Malta e l’impiego di droni.
Infine, l’ex comandante della Nato ritiene «necessario sviluppare una strategia per affrontare il problema alla fonte», vale a dire «in Libia». È necessario esplorare la possibilità di una missione di peacekeeping dell’Onu o della Ue, sostenere il governo libico di Tobruk e collaborare con l’Egitto che sta affrontando militarmente le forze dell’Is. Gli Stati Uniti, scrive Stavridis, «possono supportare l’Italia aiutandola a guidare lo sforzo occidentale per stabilizzare la Libia».