(Maria Novella Topi) – La Svezia fa sul serio e minaccia penalizzazioni e multe nei confronti delle aziende che continuano a impedire alle donne di accedere ai posti di comando. Il governo di Stoccolma ha deciso di intervenire in un questione che affligge tutti i paesi europei e intende usare il pugno duro per costringere le imprese del paese a inserire nei consigli di amministrazione e nei posti di potere una maggiore percentuale di donne. All’inizio dell’anno la ministra per la parità di genere, Asa Regner, aveva anticipato interventi di riequilibrio tra donne e uomini a partire dal 2017 con il varo di leggi ad hoc, senza tuttavia menzionare sanzioni per le aziende che non avessero dato corso alle nuove disposizioni.
Ora il ministro della Giustizia e per le Migrazioni Morgan Johansson è sceso nel concreto e non solo ha sventolato la proposta di legge che prevede quote pari al 40% delle presenze femminili nei board delle imprese, ma ha anche fatto cenno a un sistema di sanzioni. Alla Radio pubblica Johansson ha parlato chiaro: «Le compagnie potrebbero essere sciolte o multate pesantemente, se non dovessero prendere seriamente le nuove norme» e ciascuna azienda «dovrebbe pagare in base alla sua grandezza».
«Penso – ha aggiunto coloritamente il ministro – che chiunque si dica femminista dovrebbe essere coinvolto in questo lavoro di sfondamento del soffitto di cristallo, altrimenti si tratta solo di parole vuote». Successivamente su Twitter Johansson ha attenuato i toni affermando di non voler arrivare allo scioglimento dei cda, ma ha confermato «penalizzazioni sostanziose» per chi non si adeguerà. Il problema comunque resta e non solo in Svezia.
Uno studio del Credit Suisse sulle percentuali di donne nei posti di comando ha dato un risposta a sorpresa eleggendo l’Italia all’avanguardia nel continente con oltre il 23% di presenza femminile nei ruoli apicali, ma rilevando che negli altri paesi europei si viaggia ben al di sotto dell’auspicato. L’Unione europea ha proposto una quota del 40% per le posizioni non esecutive nei consigli di amministrazione entro il 2020, ma gli stati membri sembrano dover ancora recepire tale indirizzo. In Svezia le nuove misure ‘minacciatè giungono in un momento in cui studi nazionali dimostrano come si sia fermato agli anni Novanta il trend che vedeva sempre più donne promosse ai ruoli chiave.
Esempi si possono trovare nel parlamento di Stoccolma dove per due elezioni consecutive sono cresciuti gli eletti a scapito delle elette, o nelle aziende nelle quali i tre quarti delle figure apicali sono uomini o ancora nelle Università dove solo il 23% dei professori sono donne. E lo stipendio di una donna è di media il 93% di quello di un uomo. Tornando allo studio del Credit Suisse le conclusioni non sono ottimistiche nemmeno per quanto riguarda la qualità delle imprese: «Ci sembra che le aziende stiano mancando le opportunità di migliorare il proprio business», hanno commentano gli autori dello studio. In una precedente ricerca, infatti, avevano scoperto come «una maggiore presenza di donne nei management delle società premia con maggiori Roe (Return on equity) e migliori performance di mercato».