Renzi in Etiopia. Oltre le grandi opere: uno sviluppo insostenibile


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(Simona Planu) – Dal Corno d’Africa il premier Matteo Renzi ha parlato di grandi temi: Europa, migrazione, lavoro, sviluppo e Cooperazione.  Il circuito virtuoso di lavoro e sviluppo, alimentato dalla cooperazione tra gli stati, secondo il premier italiano dovrebbe contribuire ad arginare i processi migratori determinati da disparità sociale e economica.

La visita del presidente del consiglio in Etiopia si è conclusa con l’incontro di operai e ingegneri impegnati nella costruzione della Diga Gibe III. Parole cariche d’orgoglio nazionalistico per elogiare le grandi  opere che la Ditta Salini Impregilo sta realizzando nel paese. Ancora una volta, parlando di lavoro e sviluppo, i grandi assenti sono i temi della responsabilità sociale d’impresa, trasparenza finanziaria, impatto e sostenibilità

L’Etiopia è uno dei paesi prioritari del programma di cooperazione del governo italiano. Tra i settori prioritari di intervento della Direzione Generale per la Cooperazione e lo Sviluppo ci sono quelli dello sviluppo rurale e gli interventi a favore della resilienza nelle aree pastorali più soggette alle ricorrenti crisi umanitarie legate alla siccità.

La grande costruzione, iniziata nel 2006, si inserisce in un progetto di irrigazione su larga scala e di produzione di energia idroelettrica. Come denunciato dalle Organizzazioni internazionali Survival, Human Rights Watch e International rivers la Diga Gibe III è una minaccia per l’ecosistema della Valle del fiume Omo e dei popoli che ci vivono. Secondo le organizzazioni internazionali lo sbarramento del corso del fiume comporterà la riduzione della sua portata e la variazione dei cicli delle piene, mettendo  a rischio il fragile ecosistema della Valle e la sostenibilità alimentare delle popolazioni che ci vivono..

Per la particolare situazione di vulnerabilità vissuta dai popoli indigeni, l’Organizzazione Internazionale del lavoro ha ritenuto opportuno istituire una convenzione internazionale, la n. 169, a tutela dei diritti e contro ogni forma di discriminazione. La consultazione e partecipazione sono lo spirito che anima tutta la convenzione e prevede il coinvolgimento delle popolazioni indigene dalla fase di progettazione alla valutazione delle politiche e dei progetti di sviluppo. Sono 500 000 le persone direttamente interessate dal progetto, ma il processo di consultazione per la costruzione della Gibe III  è stato pressoché inesistente.

Il modello di sviluppo economico portato come esempio dal presidente del consiglio italiano sembra ricalcare un modello tristemente noto al sistema economico italiano, dove vige l’assenza di regole sulla trasparenza e la concorrenza e senza una reale valutazione dell’impatto ambientale e sociale.

Investimenti economici e grandi opere  si inseriscono in un processo politico di espropriazione forzata delle terre a favore di coltivazioni intensive e produzione di biocarburanti. Un processo che vede il graduale sradicamento delle popolazioni indigene dalla loro terra  e il reinsediamento delle tribù in villaggi sedentari. La cancellazione dei sistemi tradizionali di produzione e il difficile accesso alle risorse condannano queste popolazioni alla dipendenza dall’aiuto e alla crescente conflittualità interetnica e transfrontaliera. Mostra, inoltre, le contraddizioni tra le politiche di investimento e i fondi destinati alla cooperazione economica e allo sviluppo.

Nel 2007 un’indagine della magistratura ha riguardato proprio il coinvolgimento della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo nello stanziamento del più alto prestito mai concesso in ambito di Cooperazione. Nel 2005 infatti venne approvato  un prestito di 220 milioni di euro al governo etiopico per il finanziamento del progetto idroelettrico Gilgel Gibe II, concesso alla Salini per trattativa diretta e non attraverso una gara d’appalto. L’indagine fu archiviata senza nessun procedimento legale, ma l’operazione di finanziamento, che vedeva anche il coinvolgimento della banca europea per gli investimenti, fu talmente controversa da influenzare finanziatori come la Banca Africana di Sviluppo e la stessa Banca europea che nel 2010 decisero di non finanziare il nuovo progetto della Salini, la Diga Gibe III visitata ed elogiata dal presidente Matteo Renzi. A pesare sulla cooperazione economica è, ancora una volta, una politica di prestiti e investimenti decisa dall’alto con un’ottica di profitto piuttosto che di sostenibilità dell’intervento.

 

foto: fonte Ansa

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