Algeria. Tornano a casa quelli che fuggirono da guerra civile


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(Diego Minuti) –  L’Algeria, così come gli altri Paesi del Maghreb, da decenni è interessata da un impressionante fenomeno di trasmigrazione interna dalle zone montagnose o semidesertiche a quelle costiere, tradizionalmente più capaci di offrire occasioni di lavoro. Un processo che ha due risultati immediatamente visibili: la desertificazione, in termini demografici, di intere aree e, di conseguenza, l’espansione delle popolazioni delle maggiori ed importanti città che s’affacciano sul mare. Con tutte le conseguenze che da ciò ne derivano, come, ed è solo un esempio, le difficoltà che le autorità si trovano ad affrontare per dare una sistemazione abitativa degna di tale nome ai nuovi arrivati, per i quali spesso ci si indirizza verso creazioni di new town che comunque non garantiscono gli stessi parametri di socialità delle città, conseguenza di frequentazioni e rapporti personali.

Ma, oltre alle normali motivazioni di carattere sociale, in Algeria ce ne sono state altre, nel recente passato, che hanno alimentato queste migrazioni interne e si legano al «decennio nero», agli anni della sanguinosa guerra – civile o meno che la si voglia definire – che si scatenò dopo la vittoria islamista alle elezioni politiche.

In migliaia abbandonarono villaggi e case che si trovavano nelle zone maggiormente interessate alle azioni di guerra e che quasi sempre erano quelle in cui Esercito e forze di polizia non poteva garantire sicurezza alla gente. Venti anni e più passati e quelle che, prima della guerra, erano comunità vive ed attive sono diventate un simulacro di un tempo passato. Ma ora si cerca di invertire questo processo che, ai più, è apparso come irreversibile.

Il primo tentativo viene da Souhane, un comune di montagna nella zona di Larbaa, a est di Blida. Souhane è al centro di progetti di sviluppo che hanno, come prima finalità, quella di convincere a ritornare la popolazione che, sotto la spinta della paura, l’abbandonò pur senza perdere la speranza di potervi rientrare un giorno. I numeri dell’esodo da Souhane sono impressionanti perchè, delle quattromila famiglie che ne costituivano la popolazione residente, ne sono rimaste solo 500.

Cosa che ha comportato un colpo durissimo per l’economia della zona che, basandosi quasi interamente sull’attività agropastorale, ha dovuto assistere al depauperamento produttivo di intere aree. Il progetto di fare tornare a casa quante più persone possibili è cominciato nel 2011 ed oggi è arrivato alla sua fase finale, una volta ultimate le opere infrastrutturali primarie (come le strade che ora collegano le varie frazioni e comunità). Ora la decisione spetta a quelli che, vent’anni fa, fuggirono per paura ed ai quali, oggi, si chiede di tornare.

 

 Diego Minuti – corrispondete AnsaMed

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