Arabia Saudita ammette: attacchiamo l’ISIS in Siria per abbattere Assad


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(Talal Khrais – Beirut) – Il vero obiettivo dei raid aerei della coalizione guidata dagli USA contro lo Stato Islamico in Siria è rovesciare il regime di Assad. La dichiarazione è del Ministro degli Affari Esteri Saudita Saud el Faissal e arriva a poche ore dallo scoop del quotidiano libanese As Safir e della televisione New Tv che hanno reso pubblico un nuovo dossier, rimasto fino a oggi segreto negli Stati Uniti, che conferma il finanziamento saudita agli attentatori dell’ 11 Settembre. Secondo la televisione araba, Bandar Bin Sultan, ex responsabile dei servizi sauditi, oggi finanzia le organizzazioni terroristiche che operano in Siria attraverso una cassa autonoma finanziata direttamente dalla Reale Monarchia Saudita. Insomma, si parla di terrorismo di Stato da parte di uno dei più importanti alleati della Casa Bianca.

Queste due notizie confermano che la guerra in Siria è in una fase di pericolosa evoluzione e la lotta al terrorismo di Stati Uniti e alleati dell’alleanza è soltanto un pretesto per rovesciare un nemico scomodo e mettere le mani su un paese che fino a oggi ha resistito alle ingerenze delle potenze occidentali. A poche settimane dagli attacchi assistiamo a una pericolosa novità: la saldatura tra il Fronte al Nusra, braccio di Al Qaeda in Siria, e l’ISIS. Un patto tra jihadisti che rischia di far precipitare ulteriormente la situazione nel paese.

Da circa 4 anni in Siria e in Iraq esiste un vero sterminio delle minoranze da parte di gruppi terroristici che sono stati sostenuti fino l’ultimo momento dall’Occidente e dai Paesi Arabi. L’assurdità che in Iraq si dice di voler difendere i curdi (quei peshemrga che piacciono tanto a Stati Uniti e Israele) ma in Siria gli stessi curdi, insieme agli armeni, vengono cacciati dai loro villaggi e uccisi grazie alla complicità della Turchia e dell’Akp, il partito di Erdogan.

A questo punto il piano della coalizione anti Isis, Stati Uniti in testa, è chiara. Sono due principalmente i motivi che hanno indotto l’Occidente a intervenire in Iraq e Siria. Il primo riguarda il petrolio: l’ISIS si è avvicinato troppo alle preziose riserve mettendo in pericolo gli interessi dell’Occidente e delle Monarchie del Golfo nella regione. In secondo luogo, la lotta all’ISIS, come conferma l’Arabia Saudita, è un formidabile strumento per riprendere le ostilità contro la Siria, per rovesciare Assad e indebolire sia la Repubblica Islamica dell’Iran che la stessa Federazione Russa.

Quello che i media non dicono è che non sono tanto i raid aerei a indebolire i jihadisti dell’ISIS ma lo straordinario avanzamento dell’Esercito Arabo Siriano su diversi fronti e la forte resistenza dell’Esercito Libanese che sta impedendo che il terrorismo sconquassi una volta per tutte i fragili equilibri del paese dei cedri. Ed è qui che svolge un ruolo fondamentale anche Hezbollah. Grazie alle sue milizie, oggi i confini sono più sicuri e i villaggi sciiti godono di una relativa calma.

È sul terreno che è possibile combattere e vincere i terroristi. Gli attacchi aerei servono a poco. Questa tesi è largamente condivisa dai più importanti analisti militari del pianeta. In questi giorni gli Stati Uniti continuano a bombardare le posizioni dell’l’Isis in Siria ma quelle operazioni, come dimostrano i filmati satellitari, non sono in grado di distinguere tra civili e combattenti jihadisti. Questi ultimi in gran parte sono nascosti nei tunnel o mescolati tra la folla, come succede a Raqqa, dove nel giro di qualche giorno il numero di combattenti nelle strade si è ridotto drasticamente. Così accade in altre località.

Anche per questa ragione risulta incomprensibile, dal punto strettamente strategico-militare, il coordinamento con le Forze Armate Siriane che combattono sul campo.

Gli Stati Uniti, come sempre, non smettono di rinunciare ai propri “doppi standard”, tentando di sostituire le azioni collettive nella lotta contro il terrorismo internazionale con manovre ambigue. L’ultima in ordine di tempo è lo stanziamento di 500 milioni di dollari per il sostegno dell’opposizione armata siriana. Non essendoci più un’opposizione moderata, come ha sottolineato anche il giornalista Robert Fisk, quei soldi servono soltanto ad alimentare nuova violenza, a finanziare nuovi gruppi terroristici  e inasprire la guerra in un paese che chiede soltanto pace. Qual è l’opposizione siriana che Washington vuole sostenere? Quei pochi intellettuali che vivono all’estero nei grandi alberghi o l’Esercito Siriano Libero in gran parte assorbito e massacrato dai terroristi dell’ISIS?

La Russia e la Cina, sostenuti da esperti militari, temono che questa nuova avventura militare possa colpire negli attacchi anche le forze governative siriane. A quel punto le conseguenze  sarebbero gravissime, con tutti contro tutti. Un’ulteriore scalata della tensione che non lascerebbe indifferenti i grandi alleati di Assad.

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