Il generale iraniano Qassem Soleimani, comandante delle Brigate al Quds (l’unità delle Guardie rivoluzionarie responsabile per la diffusione dell’ideologia khomeinista al di fuori dei confini iraniani), ha minacciato di far esplodere una rivolta sanguinosa in Bahrein contro le autorità di Manama. Secondo quanto riferisce l’emittente del Qatar “al Jazerra”, le parole del generale iraniano sono giunte come risposta alla decisione delle autorità locali di ritirare la nazionalità allo sceicco sciita Isa Ahmed Qasim, considerata come la più importante personalità religiosa sciita del paese.
Soleimani ha commentato questo provvedimento affermando che “se dovessero continuare le pressioni del governo sul popolo del Bahrein allora inizierà una intifada sanguinosa”. Per l’alto ufficiale iraniano l’attacco a Qasim rappresenta un punto invalicabile per l’Iran e “superarlo vuol dire accendere il fuoco in Bahrein e nella regione”. Il provvedimento contro il religioso sciita è stato condannato dal ministero degli Esteri iraniano e dal partito sciita libanese Hezbollah.
Le autorità del Bahrein hanno revocato la cittadinanza al religioso sciita Isa Ahmed Qasim, considerato il capo spirituale della maggioranza della popolazione del regno governato dalla minoranza sunnita. In una nota il ministero dell’Interno ha accusato Qasim di fomentare le divisioni settarie. Il religioso sciita avrebbe sfruttato il suo ruolo per “servire gli interessi stranieri ed incoraggiare il settarismo e la violenza”, come si legge nel comunicato. Qasim è anche accusato di aver ricevuto fondi senza averli rendicontati, come previsto dalla legge. In parecchie occasioni, prosegue la fonte, il leader religioso avrebbe “violato la supremazia della legge” promulgando delle fatwa (parere giuridico) che avrebbero influenzato il processo elettorale nel paese.
La settimana scorsa il ministero dell’Interno del regno ha dichiarato fuorilegge il principale gruppo sciita dell’opposizione, al Wefaq, il cui leader, Ali Salman, ha trascorso nove anni in carcere con l’accusa di aver incitato alla violenza. Le autorità del regno hanno anche congelato i beni dei suoi dirigenti nel quadro di un giro di vite contro attivisti e dissidenti politici accusati di aver attentato alla stabilità dello stato proseguendo iniziative di protesta dopo le grandi manifestazioni avvenute durante il 2011 legate alla “primavera araba”. Nei giorni precedenti era stato arrestato di Nabeel Rajab, attivista di primo piano e presidente del Centro del Bahrein per i diritti umani. Un’altra attivista, Zainab al Khawaja, è invece fuggita in Danimarca per timore di essere nuovamente arrestata.
Le autorità del Bahrein avevano rilasciato la donna lo scorso 31 maggio per motivi umanitari. La al Khawaja, che aveva deciso di portare il figlio con se in carcere, si era ammalata e non era più in grado di accudire il bambino. Zainab al Khawaja, figlia dell’attivista per i diritti umani Abdel Hadi al Khawaja, è stata condannata nel dicembre 2014 a tre anni di reclusione per “oltraggio al sovrano”.
La casa regnante del piccolo stato-isola del Bahrein, gli Al Khalifa, è di fede sunnita nonostante la maggior parte della popolazione sia invece sciita. In questi ultimi anni, soprattutto dopo le proteste antigovernative del 2011 le autorità hanno dato il via ad una pesante stretta contro attivisti politici ed esponenti politici sciiti accusati di avere legami con l’Iran. La situazione si è ulteriormente complicata dopo la decisione dell’Arabia Saudita di troncare le relazioni diplomatiche con Teheran in seguito all’assalto delle sue sedi diplomatiche nel paese avvenuto in gennaio nel quadro delle manifestazioni antisaudite legate all’esecuzione da parte di Riad del leader religioso sciita Nimr al Nimr.