Così i mercenari di Blackwater spadroneggiavano in Iraq


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L’agenzia di sicurezza privata Blackwater si considerava al di sopra della legge in Iraq, dove i suoi contractor operavano per conto dell’amministrazione statunitense. E questo era già chiaro dal modo in cui agivano, che portò, per esempio, all’uccisione di 17 persone (di cui almeno 14 civili) in una sparatoria a Baghdad il 16 settembre 2007.

Quello che di nuovo emerge, però, è che Blackwater si sentiva talmente al di sopra della legge che il suo top manager in Iraq, Daniel Carroll, minacciò l’investigatore capo del dipartimento di Stato “che avrebbe potuto ucciderlo” e che “nessuno avrebbe potuto o voluto farci nulla finché fossero stati in Iraq”. E’ quanto emerge dai documenti del dipartimento di Stato, venuti alla luce grazie al lavoro del New York Times, che dimostrano che nel 2007, prima della strage di Baghdad, un’inchiesta sui metodi di lavoro di Blackwater fu fermata dopo le minacce.

Secondo quello che emerge dai documenti, all’epoca i funzionari dell’ambasciata americana in Iraq si schierarono dalla parte di Blackwater – che aveva un contratto da più di un miliardo di dollari per proteggere i diplomatici americani – invece di sostenere il dipartimento di Stato. I documenti, rimasti segreti fino a ieri, dimostrano che l’ambasciata ordinò agli investigatori di lasciare il Paese, perché il loro lavoro stava incrinando i rapporti tra la sede diplomatica e la compagnia militare privata.

(afp)

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