D’Alema, la politica estera europea e l’assenza dell’Italia in Medio Oriente


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(Francesco Gori) – Il suo nome era nelle bocche (e nei desideri) di molti governi europei, a partire dalla potentissima Germania di Angela Merkel. Ma alla fine la realpolitik ha prevalso e la poltrona di Alto Commissario per la politica estera dell’Unione Europea è andata a Federica Mogherini, attuale ministro del Governo Renzi. Il presidente del Consiglio dei Ministri, forte del consenso di cui gode il “suo” Partito Democratico dopo le ultime elezioni, ha allontanato qualsiasi diffidenza, che pure permane in molti partner europei, e ha incassato l’ennesima vittoria personale in questi mesi di governo italiano.

Massimo D’Alema però non si scompone più di tanto, incassa la sconfitta e, come nel suo stile, contrattacca  senza però colpire la responsabile della Farnesina pronta a lasciare Roma per Bruxelles. L’occasione è stata la Festa nazionale dell’Unità di Bologna.

L’ex premier italiano difende la Mogherini e lo fa con argomentazioni convincenti:  “Io voglio farle gli auguri per un lavoro molto impegnativo e importante. L’accusa che le è stata fatta di essere filo-Putin è una sciocchezza. Chi è stato filo-Putin è Berlusconi, che in Europa siede tra i conservatori. Federica è una donna che ha esperienza e che è cresciuta nel lavoro internazionale del nostro Partito. Non la si deve considerare soltanto come una persona che da qualche mese si occupa di politica estera nel Governo”.

L’ex presidente del Consiglio non si spinge oltre ma la sua posizione su quanto accade nella sponda sud del Mediterraneo, e in particolare in Medio Oriente, è nota. E’ sempre stato critico su come l’Europa ha gestito il conflitto israelo-palestinese, un’assenza che si è fatta sentire anche con la recente guerra nella Striscia di Gaza. In altri tempi l’Italia, come fece in Libano con l’occupazione militare e i bombardamenti di Israele, si sarebbe ritagliata un ruolo di mediazione diplomatica che oggi non ha più. Intanto sono apparsi altri attori, più o meno autorevoli, che hanno del tutto  marginalizzato il nostro paese da quella naturale vocazione a dirimere controversie nel Mediterraneo.

Un’Italia assente anche in Siria, dove si è frettolosamente accomodata dalla parte di una rivolta che nel giro di poche settimane aveva perso il suo carattere moderato e laico per vestire i panni del terrorismo e del fondamentalismo islamico. Il governo italiano ancora oggi è schierato contro il Presidente Bashar al Assad, accomodandosi senza grandi pretese in quello schieramento denominato “amici della Siria” che ha pesanti responsabilità per aver finanziato e supportato gruppi armati che si sono rivelati i più acerrimi nemici dell’Occidente.

D’Alema conosce bene questa situazione e sa che non può spingere le sue critiche oltre le parole già dette. Spingersi significherebe delegittimare il Governo Renzi e Federica Mogherini.

L’esponente del PD mette sotto accusa la politica estera dell’Ue e il ruolo che in questi anni hanno avuto i più importanti governi del vecchio continenti, accusati di aver frenato e di aver condotto, ognuno per conto proprio, una politica autonoma senza coordinamento con Bruxelles: “Bisogna che Berlino, Londra, Parigi consentano di fare una politica estera europea. Dico questo perché il compito è molto difficile e il successo di Federica non dipenderà solo da lei”.

A chi gli chiede se ha ragione chi dice che non è poi un ruolo così importante, D’Alema risponde in modo secco: “No, perché l’esempio di Solana dice altro. Aveva una personalità molto forte ed è riuscito a imporre una politica europea nei Balcani”.

D’Alema parla anche dei due Marò bloccati in India: “E’ una vicenda che ci umilia, dolorosa per le persone coinvolte e per le loro famiglie. Speriamo si trovi presto una soluzione positiva, si sta trascinando da troppo tempo e dovrebbe risolversi attraverso una stringente trattativa con l’India che consenta di riportare in Italia questi due militari. Dobbiamo aspettarci un impegno maggiore dell’Ue e spero che questo ci sarà, c’è stato anche in passato ma più a livello di dichiarazioni che di impegno concreto”.

 

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