Dopo l’omicidio di Özgecan Aslan la Turchia torna in piazza


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(Simona Deidda – Istanbul) – Sono trascorsi 6 giorni dallo stupro e l’omicidio di Özgecan Aslan, la giovane studentessa universitaria ammazzata il 13 febbraio nel distretto di Tarsus a Mersin e ritrovata 2 giorni dopo. Özgecan, appena ventenne, è stata bruciata viva dopo essere stata violentata e successivamente gettata in un fiume. La violenza è accaduta su un minibus mentre la studentessa si dirigeva dal distretto di Tarsus al centro di Mersin. Dopo l’accaduto, l’autista ha chiamato a sostegno il padre e un amico per aiutarlo nell’omicidio e nell’omissione del cadavere.

Questo accaduto è soltanto l’ultimo in ordine cronologico in una Turchia che ha visto la percentuale della violenza sulle donne salire vertiginosamente negli ultimi 10 anni. Secondo il Komalên Jinên Kurdistan (Comunità della donne del Kurdistan), KJK, gli omicidi e le violenze nei confronti delle donne in Turchia e nel Nord Kurdistan non sono dei fatti isolati e distinti gli uni dagli altri, ma fanno parte di un femminicidio sistematico incrementato in maniera esponenziale durante gli anni del governo AKP di Erdoğan. Secondo il KJK la violenza sulle donne fa parte integrante della politica dell’attuale governo di Ankara, che pone nella sua agenda la rivincita dell’uomo sulla donna in territori in cui la cultura di una vita comunitaria, libera e ugualitaria stava prendendo piede. Per questo motivo, sempre secondo il KJK, l’AKP attacca i diritti e le libertà delle donne guadagnati attraverso importanti lotte, e spinge le donne fuori dalla società relegandone nuovamente ad una vita strettamente famigliare, ad accudire casa, marito e figli.

L’omicidio di Özgecan ha provocato un’ondata di proteste in tutto il paese, le donne di tutte le classi sociali, di ogni parte della Turchia sono scese in piazza a manifestare il loro dissenso verso questa pratica diffusa nel paese e contro il governo affinché attui delle leggi più severe verso i perpetratori di tale crimine e tuteli maggiormente la vita delle donne. ONG e organizzazioni di difesa delle donne sono scese in piazza nella principale città curda, Diyarbakır, tenendo una conferenza stampa per rivendicare il diritto alla vita e alla libertà della donna e rendendo noti i numeri di questa violenza nel paese. L’avvocato Serpil Yiğit Erkuş, coordinatrice del Centro per i diritti delle donne, affiliato al Diyarbakır Bar Association, ha affermato che 7.122 donne sono state ammazzate e altre 4.876 violentate negli ultimi 10 anni, mentre 20 donne sono state le vittime degli ultimi tre mesi.

In tutte le città si sono tenute manifestazioni, donne curde e turche assieme hanno protestato con slogan quali “La violenza sessuale è un crimine contro l’umanità. Non rimanere in silenzio davanti all’omicidio di Özgecan”. Anche la città natale di Özgecan, Mersin, è scesa in piazza, bloccando l’autostrada D-400 e chiedendo giustizia per la studentessa. 10 milioni di persone hanno manifestato davanti all’università di Çağ. Studenti, amici e staff della stessa università si sono uniti alle proteste con slogan quali “La violenza sessuale è un crimine contro l’umanità. Non prenderne parte: Özgecan è immortale”, “Distruggi questo sistema che crea stupratori fin da bambini”, “Ci vergogniamo di essere uomini”. La stessa compagnia di minibus per la quale lavora l’omicida di Özgecan, la TOK, ha obbligato il 18 febbraio tutti i dipendenti e colleghi a prendere parte alle manifestazioni di commemorazione della studentessa. Altri colleghi di minibus che lavorano nella zona di Diyarbakır si sono detti offesi e a disagio nel fare lo stesso lavoro dell’assassino.

Da parte loro, il padre di Özgecan ha rifiutato l’idea di pena di morte per l’assassino di sua figlia, sostenendo che questa pena probabilmente spaventerebbe gli intenzionati a effettuare delle violenze, ma non cambierebbe l’istinto, per cui il lavoro va fatto sull’educazione e sulla capacità di tenera a freno gli istinti maschili. Stesso discorso fatto dalla giovane moglie dell’omicida che, chiedendo scusa alla famiglia della studentessa, si è augurata che al marito venga data la pena più pesante presente nel sistema penale turco.

Anche ad Istanbul negli ultimi giorni ci sono state manifestazioni e proteste di solidarietà con la famiglia della giovane studentessa e a favore dei diritti delle donne. Tra queste una protesta isolata è avvenuta sulla terrazza di un locale sull’Istiklal Caddesi, dove un gruppo di 5 donne vestite di nero, in segno di lutto e protesta, ha urlato slogan in memoria di Özgecan. La polizia è intervenuta immediatamente per bloccare la protesta e le giovani donne sono state arrestate.

Questo è il clima che si respira in questi giorni in tutto il paese. Un paese che ha appena affrontato la commemorazione dell’arresto del leader curdo, Abdullah Öcalan il 15 febbraio e che ora ha a che fare con una nuova ondata di proteste. Proteste che non si placcano dopo i discorsi del Presidente, Recep Tayıp Erdoğan, che ha aspramente criticato le femministe, sostenendo che “non abbiano nulla a che fare con la nostra religione e la civilizzazione”, mantenendo così la stessa linea di pensiero che aveva avanzato a novembre quando sostenne l’impossibilità dell’uguaglianza tra uomo e donna, poiché contro natura. E mentre Erdoğan sostiene che i principali partiti all’opposizione utilizzino l’uccisione della giovane studentessa a fini politici, la protesta non si placca.

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