La drammatica situazione in Iraq, effetti collaterali sul mondo


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(Talal Khrais) – Quel che sta capitando in questi giorni in Iraq può essere paragonato alla terribile situazione della Siria degli ultimi 3 anni e mezzo ma con una differenza sostanziale: gli effetti collaterali della realtà irachena saranno molto rischiosi non solo per l’alta probabilità dello scoppio di una guerra regionale con le sue morti e devastazioni ma altresì, avrà riflessi diretti negativi sull’economia mondiale già in grave crisi.

Fino a oggi, sul campo iracheno hanno giocato sempre e solo gli stessi paesi: l’Arabia Saudita, la Turchia e il Qatar. Con la complicità degli Stati Uniti e approfittando delle condizioni stremate dell’Esercito Iracheno, i tre paesi intendono entrare in campo e ricoprire, ancora una volta, il ruolo di protagonisti.

Ma questo scenario non durerà a lungo.

Altri giocatori, altri paesi direttamente interessati non staranno a guardare e presto si faranno sentire. L’organizzazione “Comando popolare dei difensori dei santuari sciiti” ha lanciato numerosi appelli in difesa del territorio iracheno. I volontari iraniani e sciiti, organizzati in unità e su ordine della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, verranno da tutto il mondo per difendere i luoghi santi della comunità sciita, dall’offensiva dei jihadisti, finanziata e sostenuta direttamente dalla Turchia, Arabia Saudita e il Qatar.

Si ricorda che in Iraq ci sono numerosi luoghi santi per lo sciismo, a Najaf e Kerbala, a sud di Baghdad, e a Samarra, a nord della capitale. L’Ayatollah Supremo, Ali al Sistani, la più alta autorità sciita dell’Iraq, ha già lanciato un appello agli iracheni per arruolarsi nelle forze armate e combattere i terroristi che sequestrano la volontà della comunità sunnita irachena.

Il presidente iraniano, Hassan Rohani, ha annunciato che l’Iran farà tutto il necessario per proteggere i santuari sciiti del territorio Iraq minacciati dai miliziani salafiti che stanno cercando di instaurare un califfato nella regione. Il presidente ha menzionato i luoghi sacri di Karbala e Najaf, la venerata Kadimiya e l’adorata Samarra.

D’altro canto, Arabia Saudita e Paesi del Golfo, malgrado la gravità e il rischio terrorismo, rifiutano di condannare l’offensiva contro un Paese sovrano. L’Iraq, a sua volta, accusa esplicitamente l’Arabia Saudita di finanziare la formazione armata salafite che stanno mettendo in subbuglio un paese dai fragilissimi equilibri religiosi.

A dieci giorni dalla presa di Mosul e Tikrit (liberata nei giorni scorsi) da parte delle milizie dello Stato islamico di Iraq e Siria (ISIS), le autorità irachene aprono gli occhi sul legame diretto tra terrorismo e Paesi del Golfo amici dell’Occidente e accusano “i nemici” senza mezzi termini.

Ha dunque ragione il premier iracheno, Nouri al Maliki, quando dice che quella in corso in Iraq é una cospirazione di potenze straniere favorita da poteri interni. I “cospiratori”, è di tutta evidenza, sono riusciti a infiltrarsi tra i quadri dell’esercito e l’occidente non è esente da colpe. Una riproposizione di quanto è già accaduto in Siria, con attori che questa volta sono ben intenzionati a fermare la nascita di uno Stato Islamico che minerebbe, forse in modo irreversibile, gli equilibri e i destini della regione.

 

 

 

 

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