EDITORIALE/ Gaza non è un affare tra Trump e Netanyahu


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(Federica Cannas) – Benjamin Netanyahu ha elogiato apertamente l’iniziativa di Donald Trump su Gaza, definendola “la prima buona idea che ho sentito”. Un’affermazione di cui si sarebbe potuto fare a meno e che, più che sorprendere, conferma ciò che era già evidente. Il governo israeliano approva una proposta che sembra ricalcare perfettamente i suoi interessi. Ma è davvero questa la questione centrale?

L’idea di Trump prevede lo spostamento forzato di quasi due milioni di palestinesi fuori da Gaza, in paesi come l’Egitto e la Giordania, per permettere la “rinascita” dell’area sotto un nuovo assetto politico ed economico. Un piano che Netanyahu definisce “notevole”, ma che ha già sollevato forti critiche a livello internazionale, con le Nazioni Unite che parlano apertamente di una possibile pulizia etnica.

Se il sostegno di Netanyahu era prevedibile, la domanda più importante è un’altra: cosa ne pensano i palestinesi? Sono loro i diretti interessati, eppure la loro voce sembra quasi marginalizzata nel dibattito internazionale. Il fatto che Israele approvi una proposta che prevede la deportazione della popolazione di Gaza non è certo una sorpresa, dato che si tratta di una linea politica che risponde perfettamente alla sua strategia di lungo termine.

Più che esaltare il via libera di Netanyahu, sarebbe fondamentale ascoltare la comunità palestinese, il governo palestinese. La storia insegna che le decisioni imposte dall’alto, senza il consenso di chi ne subisce le conseguenze, non hanno mai portato a una pace stabile.

Mentre Israele e Washington sembrano sulla stessa linea, l’Egitto e la Giordania hanno già espresso la loro opposizione al trasferimento forzato dei palestinesi. Gli equilibri geopolitici del Medio Oriente sono delicati e una decisione unilaterale di questo tipo rischia di esacerbare le tensioni anziché risolverle.

L’idea che Gaza possa diventare una sorta di “Riviera del Medio Oriente”, come suggerisce Trump, rischia di ridurre una realtà complessa a una narrazione semplicistica e pericolosa. Il futuro della Striscia di Gaza non può essere deciso tra Stati Uniti e Israele, ignorando chi quella terra la abita da sempre.

Se davvero si volesse trovare una soluzione, la priorità dovrebbe essere garantire sicurezza, diritti e autodeterminazione ai palestinesi, anziché imporre loro una nuova realtà decisa da altri. E in questo contesto, che Netanyahu approvi o meno il piano, è forse la questione meno rilevante.


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