Egitto, isole Tiran e Sanafir: il Consiglio di Stato ribalta la decisione di al Sisi


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La sentenza del Consiglio di Stato egiziano sull’accordo per il trasferimento delle isole Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita, anche se non è definitiva, mette in serio imbarazzo il capo dello Stato Abdel Fatah al Sisi. La giustizia egiziana ha dimostrato di poter ribaltare le decisioni del potente presidente-generale, che ora potrebbe non essere più in grado di mantenere la parola data ai ricchi alleati del Golfo, il cui aiuto è fondamentale per rimpinguare le casse statali svuotate da anni di crisi economica e instabilità politica.

La sentenza, inoltre, rischia di creare forti tensioni interne dopo l’arresto di centinaia di manifestanti scesi in piazza per protestare proprio contro la cessione delle due isole sul Mar Rosso. A contestare la “svendita” di Tiran e Sanafir, sono state, oltre la Fratellanza, formazioni politiche di orientamento liberale, socialista, repubblicano e nazionalista. Il caso rappresenta una nuova spina nel fianco per il governo, alle prese con il crescente malcontento per l’aumento del carovita nel mese sacro del Ramadan e gli scandali corruttivi che dovrebbero portare a un nuovo rimpasto dell’esecutivo nel mese di luglio.

L’Autorità egiziana statale per le istanze legali, intanto, ha annunciato che ricorrerà in appello contro la sentenza del Consiglio di Stato. “Il caso sarà esaminato dall’Alta corte amministrativa, le cui sentenze equivalgono all’Alta corte costituzionale. Se verrà accolto, l’appello sarà definitivo e vincolante per tutte le istituzioni, tra cui la presidenza della Repubblica e la Camera dei rappresentanti”, ha detto ad “Agenzia Nova” l’esperto di diritto costituzionale egiziano Mohamed Bakr. Il ricorso può essere presentato entro 60 giorni, trascorsi i quali il provvedimento diventerà definitivo. “L’Autorità egiziana statale per le istanze legali contesta al Consiglio di Stato di aver trascurato i documenti portati dalla difesa: ma questo è un autogol perché significa ammettere che le carte erano talmente deboli che sono state considerate irrilevanti”, ha detto ancora Bakr.

Secondo l’esperto di diritto egiziano, inoltre, il governo ha poche possibilità di vincere l’appello perché l’accordo è viziato da elementi di anti-costituzionalità. “In base alla Carta fondamentale del 2014, il presidente della Repubblica non può stringere accordi o convenzioni internazionali che prevedono la cessione di terreni o di sovranità”. Il governo egiziano, tuttavia, ha sempre sostenuto che l’accordo non implica alcuna cessione, ma semplicemente la restituzione delle due isole alle autorità di Riad, che le avevano “prestate” al Cairo per difenderle dalla minaccia di Israele. Secondo Khaled Ali, ex candidato presidenziale e avvocato che ha presentato il caso al Consiglio di Stato, i giudici hanno invece appurato che “le isole Tiran e Sanafir sul Mar Rosso sono egiziane”.

L’avvocato ha presentato in aula mappe e documenti esaminati da una commissione trilaterale di esperti designati dai giudici. Fra le carte portate da Ali figura anche un atlante di Cambridge del 1940, in cui le isole figurano sotto sovranità egiziana, e una lettera originale datata 1950 del primo sovrano saudita, Abdulaziz Ibn Saud. Il governo del Cairo aveva usato proprio quella missiva per dimostrare la sovranità saudita delle due isole. Secondo le autorità saudite, le due isole sono appartenute da sempre al regno arabo, ma nel 1950 l’allora re Abdulaziz Ibn Saud chiese all’Egitto di occuparle militarmente per proteggerle da Israele. In quella occasione le truppe egiziane chiusero il passaggio marittimo verso la città israeliana di Eilat. Le due isole sono state poi occupate da Israele nel 1967 e restituite all’Egitto nel 1982. Ali ha però smentito che la lettera del re fosse indirizzata all’allora governo egiziano, come sostenuto dai difensori dell’accordo.

“La lettera fu inviata all’ambasciatore saudita al Cairo e non al governo egiziano, come hanno sostenuto le autorità”, ha detto l’avvocato. Non solo: la lettera di Abdulaziz Ibn Saud, inoltre, conterrebbe la seguente frase, considerata fondamentale: “Non importa se le isole sono egiziane o saudite, ciò che conta ora è proteggerle”. L’accordo, siglato dal presidente al Sisi con il re saudita Salman nell’aprile scorso ha suscitato forti proteste in tutto il paese: centinaia di attivisti sono scesi in piazza il 15 e 25 aprile per chiederne l’annullamento. Molti di essi, incluso Ahmed Abdullah – presidente della Commissione egiziana per i diritti e delle libertà (Ecrf), organizzazione che si occupa delle sparizioni forzate in Egitto e che offre servizi di consulenza legale alla famiglia di Giulio Regeni, il ricercatore torturato a morte lo scorso febbraio – sono in carcere con l’accusa di aver istigato le proteste.

Secondo l’avvocato Abdel Halim Henish, esponente di Ecrf, le persone arrestate nelle manifestazioni contro la cessione all’Arabia Saudita delle isole Tiran e Sanafir dovrebbero essere rilasciate dopo la sentenza odierna. “Tutti i manifestanti detenuti dovrebbero essere rilasciati, perché le accuse nei loro confronti sono nulle”, ha detto Henish ad “Agenzia Nova”. Tra i capi d’imputazione contestati ai manifestanti figura anche la “diffusione di notizie false” relative alla sovranità egiziana delle isole Tiran e Sanafir. “Adesso che è stato dimostrato dall’autorità giudiziaria che entrambe le isole sono egiziane, tutte le accuse dovrebbero decadere”, ha detto ancora Henish. Secondo il blogger Mina Fayek la sentenza di oggi dimostra che gli attivisti che erano scesi in piazza ad aprile “avevano ragione”.

Se l’accordo dovesse essere annullato, l’Egitto potrebbe veder andare in fumo i lucrosi frutti della visita nel paese del re saudita Salman avvenuta lo scorso 8 aprile, la prima da quando il monarca è salito al trono nel gennaio 2015. Il Cairo, infatti, ha ricevuto nelle scorse settimane la prima tranche di 500 milioni di dollari di sovvenzioni non rimborsabili su un totale di 2,5 miliardi di dollari promessi dall’Arabia Saudita. Si tratta di un aiuto “puro” che non dovrà essere restituito: forse il prezzo per il contestato trasferimento all’Arabia Saudita della sovranità delle isole Tiran e Sanafir, nel Golfo di Aqaba, dove dovrebbe passare il nuovo “ponte dell’amicizia” sul Mar Rosso intitolato proprio a re Salman.

Finora il Cairo ha smentito l’intenzione di sviluppare questo progetto, ma durante la visita di Salman è stato firmato un accordo per garantire agli egiziani ingenti forniture di petrolio a prezzi scontati: circa 700 mila tonnellate al mese di prodotti petroliferi – rispettivamente 400 mila tonnellate di gasolio, 200 mila tonnellate di benzina e 100 mila tonnellate di olio combustibile Mazut – per l’importo complessivo di 23 miliardi di euro, da pagare in 15 anni ad un tasso di interesse del 2 per cento.

 

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