Egitto. Al-Sisi rafforza i rapporti con la Russia di Putin


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Doppia visita strategica in Arabia Saudita e Russia per il nuovo presidente e uomo forte egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Particolarmente importante è il viaggio a Mosca che segna un ulteriore passo di riavvicinamento dei vertici militari egiziani con la Russia. Era dai tempi di Nasser, cioè dalla fine degli anni Sessanta, che i due paesi non avevano relazioni diplomatiche così strette. Fu Anwar al-Sadat a porre fine all’alleanza con l’Urss.

L’anno scorso il presidente Vladimir Putin aveva appoggiato incondizionatamente l’azione degli uomini in divisa guidati  da al – Sisi contro Mohamed Morsi. Sempre Putin, a Febbraio, era stato il primo leader internazionale a benedire la candidatura dell’ex-generale egiziano alla presidenza. Un avallo che aveva suscitato la reazione stizzita di Washington, tanto più dopo che il Cremlino aveva rilanciato offrendo appoggio finanziario per compensare la riduzione del sostegno militare Usa (e della rappresentanza diplomatica) seguita alla controversa deposizione di Morsi.

Il riavvicinamento tra Mosca e Il Cairo risponde a tre punti fermi sui quali si fonda la diplomazia russa nella regione, vale a dire: la lotta contro l’islamismo radicale e il terrorismo, la difesa e lo sviluppo dei suoi interessi economici e, infine, la protezione dei cristiani d’Oriente.

La visita offre alle parti l’opportunità di firmare una serie di accordi economici e strategici, oltre che di rafforzare le relazioni esistenti. Sul piano commerciale, l’Egitto può diventare certamente un potenziale cliente per l’industria di armamenti russa e, soprattutto, il destinatario di futuri investimenti russi, soprattutto nei settori turistico e del gas.

ARABIA SAUDITA – In Arabia Saudita, invece, al Sisi visita un alleato tradizionale che – come le altre monarchie del Golfo, con la sola eccezione del Qatar – hanno appoggiato soprattutto economicamente la svolta che a luglio 2013 ha portato alla cacciata degli islamico Morsi e alla messa al bando dei Fratelli Musulmani: oltre a fornire buona parte dei 12 miliardi di dollari di aiuti venuti dal Golfo, re Abdullah si è fatto del resto promotore di una conferenza di donatori disposti ad aiutare l’economia egiziana a risollevarsi. La conferenza dovrebbe tenersi prima della fine dell’anno, ma dopo le elezioni legislative egiziane previste per ora in autunno in data da precisare.

Anche gli Emirati Arabi Uniti, altra ricchissima monarchia del Golfo, ha varato un consistente piano di aiuti per il Cairo. L’obiettivo è quello di aiutare l’economia egiziana e di stabilire rapporti stabili con la nuova leadership del paese, oltre al fatto che le monarchie del Golfo non avevano stabilito buone relazioni con i Fratelli Musulmani di Morsi, supportati invece dal Qatar (8 miliardi di dollari) e dalla Turchia (2 miliardi).

Arabia Saudita ed Emirati, a partire dalle primavere arabe, si sono infatti spesso schierati a favore del vecchio ordine autoritario: uno dei momenti di crisi più grandi nei rapporti tra Arabia Saudita e Stati Uniti, ad esempio, era stato l’appoggio americano alle rivolte in Egitto contro l’ex presidente Hosni Mubarak, con cui i sauditi avevano ottimi e proficui rapporti.

 

 

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