(Raimondo Schiavone) – Ricordate il quadernino nero, quello che si usava nei negozi per fare debito? Quando non si poteva pagare tutti i giorni e gli acquisti erano quotidiani, spesso le mamme mandavano i propri figli nei negozi di alimentari con la lista dei prodotti da acquistare, e la frase magica che consentiva di portare la spesa a casa era: “Mi segni il conto, poi passa mamma”. E il commerciante aggiungeva sul libro nero dei debiti dei clienti. Chi riceveva la remunerazione settimanalmente, pagava alla fine della settimana, chi possedeva uno stipendio, spesso pagava a fine mese. Qualcosa rimaneva segnato anche per lungo periodo, perché i soldi non sempre bastavano. Normalmente il commerciante, che allora era un benestante, attendeva e lentamente cancellava debiti con gli acconti che venivano versati, come fosse una finanziaria per cui si pagano le rate. Pian piano il debito veniva cancellato.
Le cose non sono poi tanto cambiate. Per acquistare un bene o un servizio serve denaro e, se non lo si ha, bisogna fare debito. Questa è la situazione in cui si trova l’Europa: o le risorse vengono apportate dagli Stati ricchi, ove ve ne fossero, costituendo un fondo per ridistribuirlo a coloro che si trovano in difficoltà, oppure bisogna fare debito. Il debito lo possono fare i singoli Paesi o lo può fare l’intera Unione europea, facendosi garante della sua copertura. Semplicemente tutto ciò ha nomi precisi: “Recovery Fund”, “Mes”, “Eurobond”.
L’idea che sta alla base del Recovery Fund è quella di creare un fondo che abbia l’obiettivo di favorire una ripresa coordinata dell’economia dell’Unione europea, in linea con gli obiettivi del piano ecologico al centro del programma della Commissione a guida von der Leyen, il Green Deal.
Proprio nell’ultima riunione dell’Eurogruppo i ministri dell’area euro si sono accordati per lavorare ad un Fondo, “per preparare e sostenere la ripresa, finanziando attraverso il bilancio dell’Ue per programmi pensati per rilanciare l’economia in linea con le priorità europee e assicurando la solidarietà dell’Ue verso gli Stati membri più colpiti”.
Il fondo finanzierebbe progetti legati alla transizione energetica, all’economia circolare e al digitale, che possano aiutare gli Stati dell’Ue a riprendersi il più rapidamente possibile dalla crisi.
Ma la domanda sorge spontanea: come si finanzia il Fondo per la Ripresa? Questo è il nodo principale, l’Europa si divide su chi debba pagare i progetti comuni.
Un fondo di questo tipo ha bisogno ovviamente di molte risorse, si sta ragionando su una dotazione di 500 miliardi di euro o forse 1000. Il progetto, presentato dalla Francia, conteneva un’idea precisa di finanziamento: il fondo avrebbe emesso delle obbligazioni basate su garanzie comuni dei 27 Stati membri. Il suo finanziamento passerebbe quindi dall’emissione di Eurobond, titoli di debito sostenuti dall’intera Ue.
Del resto, già oggi circolano circa 800 miliardi di euro di titoli sostenuti dall’intera Unione, tra obbligazioni emesse dalla Commissione europea, dalla Bei e dal Mes. Bruno Le Maire, Ministro delle finanze Francese ha proposto che per rimborsare questi titoli si sarebbe dovuta prevedere un’imposta di solidarietà a livello europeo, oppure sfruttare la contribuzione diretta da parte degli Stati membri. Quella che di fatto avviene già per garantire le politiche di coesione fra gli Stati ed il loro riequilibrio, con i quali si finanziano i FESR, FSE, FEASR, programmi a gestione Diretta etc.
Senza indebitamento la coperta è sempre quella. Il rischio che si corre è che le risorse che servivano ai Paesi ed ai territori in ritardo di sviluppo, vengano spalmate in tutta l’Unione senza tener conto di quelli che sono i consolidati e storici ritardi di sviluppo. Verrebbero meno le strategie della politica di coesione che è la principale politica di investimento dell’Unione europea, offre vantaggi a tutte le regioni e città dell’UE e sostiene la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente. Per cui qualcuno rimarrebbe fregato.
Torniamo comunque all’elemento di partenza: denaro o debito. Non si vedono in giro Paesi donatori disposti a mettere in campo risorse proprie sufficienti a rimpinguare il Recovery Fund per condividerli con gli altri. Il debito in questo caso significa Eurobond, i tanto vituperati strumenti di condivisione del debito sui quali la discussione ancora non è cominciata e sui quali i Paesi del Nord si stanno opponendo in maniera veemente.
L’altra forma di fare debito è quello che possono formare i singoli Stati, debito non condiviso, si fa con il Mes, in questo caso la garanzia della sua restituzione viene dai singoli Paesi che se ne fanno carico in pieno.
Ora chi dice che esistono strumenti fantastici in giro capaci di sostenere spese pubbliche enormi, rilancio dell’economia, mantenimento del livello occupazionale privato e pubblico, perché anche del pubblico bisogna iniziare a parlare, o ha contatti extra terrestri o mente spudoratamente.