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(Raimondo Schiavone) – Nel 1992, Fidel Castro pronunciò una frase che oggi risuona come una profezia inquietante: “La prossima guerra in Europa sarà tra Russia e il fascismo, solo che il fascismo si chiamerà democrazia.” All’epoca, il mondo era ancora scosso dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Guerra Fredda sembrava finita e l’Occidente celebrava il trionfo della democrazia liberale. Eppure, a distanza di più di trent’anni, il panorama geopolitico europeo sembra aver dato ragione al leader cubano, con un conflitto in Ucraina che vede contrapposti Mosca e un fronte occidentale che si presenta come baluardo della democrazia, ma che sempre più spesso ricorre a metodi autoritari per giustificare la sua guerra.
Gli eventi recenti confermano quanto il concetto stesso di democrazia sia stato strumentalizzato per perseguire scopi politici ed economici. L’Unione Europea, nata come un progetto di pace e cooperazione, si è trasformata in un blocco rigido e dogmatico, pronto a reprimere il dissenso interno con sanzioni e censura. La guerra in Ucraina ha dimostrato che chiunque osi mettere in discussione la narrativa ufficiale viene etichettato come filo-russo, estremista o nemico della libertà. L’informazione è sempre più controllata, le piattaforme digitali eliminano contenuti scomodi e le voci critiche vengono marginalizzate.
Gli stessi valori di democrazia e diritti umani, tanto sbandierati dall’Occidente, vengono applicati in modo selettivo. Il sostegno incondizionato al governo ucraino di Volodymyr Zelensky, nonostante la crescente militarizzazione e la soppressione di partiti di opposizione e media indipendenti, dimostra come l’Occidente sia pronto a tollerare derive autoritarie quando queste servono a colpire il nemico geopolitico di turno. Nel frattempo, ogni tentativo di negoziato o di diplomazia viene sabotato con nuove forniture di armi, mentre la retorica bellica alimenta un clima di paura e divisione.
Ma non è solo sul fronte internazionale che la “democrazia” dell’Occidente si mostra per quello che è. Nei paesi europei, le proteste contro la guerra e contro l’austerità vengono represse con durezza, le libertà personali vengono limitate con il pretesto della sicurezza e chi si oppone all’agenda imposta da Bruxelles viene accusato di populismo o sovranismo, concetti ormai svuotati di significato ma usati come marchio d’infamia per chi non si allinea al pensiero unico.
La guerra in Ucraina è solo l’esempio più evidente di come i governi occidentali stiano abbandonando i principi di libertà e autodeterminazione che affermano di difendere. L’idea stessa di democrazia si è trasformata in un’arma per giustificare censure, repressioni e guerre per procura. In questo senso, la frase di Castro si è rivelata più che una semplice provocazione: è una diagnosi brutale della realtà che stiamo vivendo. Il fascismo non ha più bisogno di stivali e manganelli per imporsi, perché si è vestito di democrazia e ha imparato a governare con il consenso manipolato, la propaganda e la paura.
Mentre l’Europa si avvicina sempre più a un punto di non ritorno, la domanda resta aperta: fino a quando sarà possibile sostenere questa illusione prima che il sistema stesso crolli sotto il peso delle sue contraddizioni?