(Charlotte Rotman – Libération) – Sono in tanti a mangiarsi le mani stamattina. Dopo i successi elettorali alle municipali e alle europee, Marine Le Pen non è riuscita a costituire un gruppo di euroscettici al Parlamento Europeo. “Marine Le Pen incapace di formare un gruppo… meditate francese. Un vicolo cieco. CQFD” twitta così il deputato socialista Arnaud Leroy, vicino a Arnaud Montebourg.
“Questo mostra che l’estrema destra non riesce ad uscire da una forma di marginalizzazione, che non è in grado di fare gruppo. In Francia, Marine Le Pen cerca di uscire dalla demonizzazione, ma in Europa molto partiti hanno capito che il Fronte Nazionale è sempre stato un partito di estrema destra”, ha così reagito l’anziano ministro del PS Pierre Moscovici.
E’, in ogni caso, un grave retrocessione per la leader del Fronte Nazionale. La quale, per mascherare il suo fallimento, assicura in una conferenza stampa alquanto comica: “Abbiamo fatto la scelta di privilegiare la qualità e la coerenza piuttosto che le vie facili e l’avventatezza”.
A cosa puntava Marine Le Pen
Dopo un voto segnato da una forte avanzata degli euroscettici in molti paesi, Marine Le Pen era partita abbastanza fiduciosa della sua capacità di riunire interno a se gli altri partiti europei per “distruggere dall’interno” l’Unione Europea. In occasione del corte tradizionale del Fronte Nazionale, il primo maggio, aveva addirittura parlato di una “minoranza di blocco” (che non esiste in Parlamento) e detto di voler interrompere “la corsa folle” dell’Unione Europea. Voleva incarnare un potere disturbo dall’interno delle istituzioni europee. E all’esterno, consolidare una credibilità, ponendosi alla testa di un gruppo di eletti e imponendo la sua autorità.
Con un gruppo, avrebbe potuto recuperare anche delle risorse: tra i 20 e i 30 milioni di sovvenzioni in cinque anni, una segreteria, degli uffici e degli assistenti pagati dal Parlamento. Ma anche una certa visibilità: il potere di proporre degli emendamenti, interventi in seduta plenaria e accesso alla presidenza di qualcuna delle 22 commissioni parlamentari. Per questo, aveva bisogno di 25 deputati di sette paesi differenti.
Cosa è mancato a Marine Le Pen?
Formare una coalizione di piccoli partiti nazionalisti, senza coerenza ideologica e con interessi talvolta divergenti non è facile. Anche perché Marine Le Pen concorreva, in questo terreno, con Nigel Farage, personaggio dal profilo più moderato, che è riuscito a raggruppare degli euroscettici ai quali il FN faceva l’occhiolino, come i democratici svedesi.
Marine Le Pen poteva contare su degli alleati sicuri. Il FPO austriaco, il Vlaams Belang fiammingo, il PVV olandese, e gli italiani della Lega Nord. Con il Fronte Nazionale, sono cinque paesi. Durante diverse settimane madame Le Pen ha lottato per trovare i due mezzi mancanti del puzzle. Ha abbordato il piccolo partito lettone Ordine e Giustizia, movimento nazional-conservatore il cui leader è un vero camaleonte politico… e ha preferito allearsi con il gruppo degli euroscettici di Nigel Farage. Ha addirittura tentato la sorte con un eletto nazionalista bulgaro, che ha declinato l’invito.
Detto questo, il FN ha effettivamente rifiutato di allearsi con i neo-nazisti greci di Alba Dorata, l’eletto tedesco del NPD o gli ungheresi di Jobbik, tutti considerati “infrequentabili”. Come il FN, che si era fatto rigettare dall’Ukip, il cui leader Nigel Farage aveva dichiarato di essere disturbato dal DNA antisemita del partito francese. E ancora, era stata l’uscita di Jean-Marie Le Pen sulla “fornace” augurata al cantante Patrick Bruel e agli oppositori del suo partito.
Quali conseguenze per il Fronte Nazionale?
Marine Le Pen non potrà, dunque, beneficiare delle risorse previste per i gruppi. Per l’eurodeputato UMP Rachida Dati, intervistata su France 2, questo fallimento “attenua quello che è stata chiamata l’ascesa del populismo in Europa e mette un limite ai poteri di disturbo in seno al Parlamento europeo”.
In particolare, Marine Le Pen fatica a porsi come unificatrice. Nonostante i suoi sforzi di uscire dalla demonizzazione, porta con se ancora un’immagine negativa, repulsiva. Incluso agli occhi di alcuni euroscettici. Il processo di normalizzazione non è stato compiuto.
Detto questo, se lei ha perso il treno del rientro in Parlamento, non è detto che non sarà in grado di costituire un gruppo in seguito. L’alleanza intorno a Nigel Farage, costituita grazie alla dissidenza di un’eletta del FN, dalla quale Marine Le Pen ha preteso le dimissioni, è fragile. Non si sa mai. Il leader del Fronte Nazionale della gioventù, Julien Rochedy, twittava stamattina: “Abbiamo cinque anni per formare un gruppo. Please wait”.
Traduzione per Spondasud – Rivista di Geopolitica a cura di Carla Melis
Fonte: Libération