Gaza: verso un possibile cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi


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Negli ultimi giorni dell’amministrazione Biden, si intensificano gli sforzi diplomatici per raggiungere un accordo su un cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi ancora detenuti da Hamas. Il presidente statunitense Joe Biden e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu hanno avuto un colloquio telefonico domenica, la prima conversazione pubblica tra i due leader da ottobre, in un momento cruciale per la regione.

Progresso nei negoziati, ma restano incertezze – Secondo fonti vicine ai negoziati, Israele e Hamas sembrano avvicinarsi a un accordo. Tuttavia, permangono dubbi su alcuni punti chiave, tra cui l’eventualità che una tregua iniziale possa evolversi in un cessate il fuoco permanente e se Israele ritirerà completamente le sue truppe da Gaza.

Il colloquio tra Biden e Netanyahu si è concentrato sui “cambiamenti fondamentali nelle dinamiche regionali”, come dichiarato dalla Casa Bianca. Tra questi, il cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah in Libano, la caduta del regime di Assad in Siria e l’indebolimento dell’influenza iraniana nella regione. Netanyahu, da parte sua, ha aggiornato Biden sulle istruzioni date ai negoziatori israeliani a Doha, sottolineando l’impegno per garantire il rilascio degli ostaggi.

Diplomazia in movimento – Nel fine settimana, Netanyahu ha inviato a Doha una delegazione di alto livello, tra cui i direttori del Mossad e dello Shin Bet, per partecipare ai negoziati mediati da funzionari del Qatar, degli Stati Uniti e dell’Egitto. Parallelamente, il primo ministro israeliano ha incontrato membri del suo governo contrari a un accordo di cessate il fuoco, nel tentativo di dissuaderli dal dimettersi. Anche il Regno Unito ha svolto un ruolo nella diplomazia internazionale: il ministro degli Esteri britannico David Lammy si è recato a Gerusalemme per discutere dei progressi verso un possibile accordo.

La pressione del calendario politico – Il tempo stringe, con l’avvicinarsi dell’inaugurazione del presidente eletto Donald Trump, prevista per il 20 gennaio. Trump, in precedenza, ha affermato che “si scatenerebbe l’inferno” se gli ostaggi non fossero rilasciati prima del suo ritorno alla Casa Bianca. Sabato scorso, il suo inviato per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha incontrato Netanyahu per discutere i dettagli dell’accordo. Il segretario di Stato Antony Blinken, in una dichiarazione rilasciata giovedì scorso, ha definito l’intesa “molto vicina” e ha espresso speranza di concluderla prima del passaggio di consegne. Blinken ha inoltre chiarito che i termini dell’accordo seguirebbero le linee guida presentate da Biden a maggio.

Un conflitto devastante- La guerra, iniziata con l’attacco di Hamas al sud di Israele il 7 ottobre 2023, ha provocato circa 1.200 vittime israeliane e il rapimento di 251 persone, portate a Gaza come ostaggi. In risposta, Israele ha lanciato un’offensiva militare su larga scala, con l’obiettivo dichiarato di annientare Hamas. Secondo il ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas, oltre 46.500 persone sono morte durante il conflitto. Israele, da parte sua, ha riferito che 94 ostaggi rimangono a Gaza: di questi, 34 sarebbero deceduti. Tra gli ostaggi figurano anche quattro israeliani rapiti prima della guerra, due dei quali sono stati dichiarati morti.

Scetticismo e timori per il futuro – Anshel Pfeffer, corrispondente israeliano per The Economist, ha espresso prudenza riguardo a un rapido accordo: “Siamo già stati in questa situazione molte volte. C’è un po’ più di margine per l’ottimismo, ma finché non vedremo un annuncio ufficiale e il rilascio degli ostaggi, rimango scettico”. Tuttavia, secondo Pfeffer, sia Israele che Hamas avrebbero un forte interesse a chiudere un accordo prima dell’insediamento di Trump, temendo che il nuovo presidente possa autorizzare azioni militari di portata ancora più devastante contro Gaza.


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