Il giornalismo non è più un lavoro (di Alberto Negri)


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Ogni giorno tutti si lamentano dei giornali e dell’informazione. La situazione appare quasi irrimediabile. I giovani e i meno giovani, anche se bravi, vengono pagati pochissimo e sono sempre precari, i vecchi, pure quelli buoni, vengono pre-pensionati e comunque messi ai margini. La professione giornalistica, ma ovviamente non solo quella, è diventata sempre più “volontariato”.

Possono fare questo lavoro coloro che non campano di giornalismo, come professori, esperti vari, già pagati dalle istituzioni, da società pubbliche o private, dal mondo del business, oppure figli di papà mantenuti dalla famiglia. Ma non è gente che va sul terreno e afferra la vita vera. Parlano a vanvera di popoli che non conoscono e posti che non hanno mai visto. Non viaggiano né consumano la suola delle scarpe. Tutto avviene alla scrivania.

Gli stessi giornalisti in attività vivono così di cattivi esempi producendo un’informazione pigra e sciatta. Nessun caporedattore osa più prendere i pezzi dei collaboratori , passarli, correggerli o anche cestinarli. Non c’è neppure il tempo di leggerli gli articoli: pubblicati sul web o sul giornale così come arrivano, con errori di battuta e incongruenze che nessuno ha voglia di discutere. Basta avere un titolo da spendere.

I lettori, poi, sono abituati ad avere l’informazione gratis sul web: un prodotto che non ha un prezzo, non solo materiale ma anche morale, è un prodotto svilito, che non appare frutto del lavoro, della preparazione e del sacrificio ma di una gratuita superficialità. E forse è proprio così che stanno le cose.

Niente oggi vale meno dell’informazione. Anche quella che state leggendo in questo preciso momento. Ma i giornalisti ci sono ancora, credono o sperano che qualche cosa cambierà consolandosi che in fondo la verità non ha più un prezzo ma di sicuro costa molto a chi la cerca. Buona fortuna.

 

* Questo è un intervento che Alberto Negri ha pubblicato sulla sua pagina personale di Facebook.

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