Il Centro Italo Arabo e del Mediterraneo, in collaborazione con la rivista Spondasud, ha scelto il comune di Carloforte per ricordare la giornata della memoria del genocidio del popolo armeno, che quest’anno celebra il suo 102esimo anniversario. L’appuntamento è per lunedì 24 aprile, alle ore 18, alla sala convegni dell’EXME. Sarà presentato il volume: “Il Genocidio armeno: 100 anni di silenzio. Lo straordinario racconto degli ultimi sopravvissuti” (Arkadia Editore). Interverrà uno degli autori, Alessandro Aramu, che ripercorrerà i momenti salienti del reportage in Armenia dal quale è nato il volume sul primo crimine contro l’umanità del secolo scorso. Modera il giornalista de L’Unione Sarda Mariano Froldi. Il volume ha visto la partecipazione di altri due importanti giornalisti italiani: il reporter di guerra Gian Micalessin (Il Giornale) e Anna Mazzone (Tg2). Le foto sono di Romolo Eucalitto, la prefazione di Raimondo Schiavone.
La presentazione cade in un momento storico particolare, a pochi giorni dal referendum che trasforma la Turchia in una repubblica presidenziale, con Erdogan che avrà poteri illimitati fino a oltre il 2030. Ankara, ancora oggi, a distanza di oltre un secolo, nega il genocidio del popolo armeno e attua una politica repressiva nei confronti di tutti colori che in patria usano questa espressione per definire quell’orrendo crimine.
Il giorno della memoria è una data significativa: la notte del 24 aprile 1915 iniziava infatti l’orrendo sterminio del popolo armeno nei territori dell’Impero ottomano. In un solo mese più di mille intellettuali (giornalisti, scrittori, poeti, politici) furono deportati verso l’interno dell’Anatolia e massacrati. A costoro si unirono altre centinaia di migliaia di persone uccise con ferocia inaudita. Uomini sepolti vivi, donne stuprate e sventrate, bambini crocifissi. Un orrore senza precedenti. Alla fine gli armeni cristiani massacrati furono circa un milione e mezzo.
A distanza di un secolo da quel genocidio parlano da Yerevan gli ultimi sopravvissuti di una tragedia che ancora oggi il governo della Turchia si rifiuta di riconoscere, facendo di tutto perché se ne taccia o se ne parli secondo la visione di Ankara. Un atteggiamento negazionista che uccide due volte le vittime.
«Abbiamo intervistato tre sopravvissuti, tutti residenti nella capitale armena», spiega Aramu. «Sono racconti che rievocano pagine storiche legate a quel crimine, come la resistenza nella città di Van e quella eroica a Mussa Dagh, il Monte di Mosè, dove circa 5 mila armeni per quasi due mesi resistettero in armi contro la minaccia di sterminio da parte dei turchi, fino a essere salvati da una nave francese che transitava nel golfo di Antiochia»
« Un capitolo del libro è dedicato interamente alle donne. Tra le tante storie, – spiega Aramu – c’è anche quella di una sopravvissuta, Silvard Atajyan, che ha fornito uno sguardo tutto al femminile di quella vicenda. Raccontiamo la storia delle donne tatuate, giovani salvate dai turchi solo per diventare, giovanissime, spose-schiave costrette a soddisfare gli impulsi sessuali di quei maschi. Una volta libere, quel marchio era vissuto come una vergogna da nascondere anche dai loro padri e fratelli. E poi il bellissimo racconto di Nazie, una giornalista armena, che riporta, in maniera intensa, la storia della sua famiglia spezzata dal genocidio».
Il volume, oltre alle eccezionali e uniche testimonianze degli ultimi tre sopravvissuti, descrive il terrificante passato facendo i dovuti parallelismi con l’attualità del Medio Oriente, in cui il governo turco, ancora oggi, persegue una politica brutale e finanzia movimenti come l’Isis. E così gli eccidi di ieri sono attualizzati dalla incredibile disinvoltura dei vertici di uno stato che finanzia e foraggia, sotto gli occhi di tutti, i tagliatori di teste, compresi quelli che massacrano gli armeni di Aleppo e della Siria. Per non dimenticare, per non ripetere gli stessi errori.