Haftar non riconosce il governo di accordo nazionale libico con sede a Tripoli


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Il comandante dell’autoproclamato Esercito libico attivo nella Cirenaica, generale Khalifa Haftar, ha detto di non riconoscere il Consiglio di presidenza del governo di accordo nazionale libico con sede a Tripoli, né le sue decisioni. Intervistato dall’emittente televisiva “Libya al Hadath”, Haftar ha dichiarato che i decreti emessi dal Consiglio presidenziale sostenuto dall’Onu “sono solo inchiostro su carta senza valore e non mi riguardano: non penso che si possa formare un governo mentre si combatte il terrorismo”.

In riferimento al decreto che istituisce la guardia presidenziale a Tripoli e che consente al governo di accordo nazionale di espletare le funzioni più urgenti, Haftar ha aggiunto che si tratta di decisioni che non lo riguardano. “Al momento sono occupato a riportare la sicurezza in Libia contro terroristi e Fratelli musulmani: non ci potrà essere democrazia senza esercito e con i gruppi terroristici attivi sul territorio”, ha detto Haftar.

Il Consiglio presidenziale libico ha autorizzato sabato scorso, 14 maggio, il governo di accordo nazionale ad insediarsi a Tripoli, in Libia, anche senza il via libera della Camera dei rappresentanti di Tobruk, il parlamento che si riunisce in Cirenaica. E’ quanto prevede un decreto “ad hoc” affinché i “ministri designati” possano iniziare a lavorare per espletare le funzioni urgenti già a partire dalla giornata di oggi. Non vi sono modifiche alla squadra di governo annunciata tre mesi fa, anche se i cosiddetti “ministri di stato” con responsabilità speciali sono ora considerati a pieno titolo membri del governo (composto quindi da 18 ministri e non più solo 13).

A questi si aggiungono i nove membri del Consiglio di presidenza: il presidente del Consiglio Fayez al Sarraj, cinque vice primi ministri e altri tre ministri con responsabilità generali. Due di questi nove membri, tuttavia, si sono “autosospesi” perché fedeli all’entità governativa che si riunisce ad al Badya (vicino Tobruk) e a Bengasi, seconda città della Libia e roccaforte del generale Haftar. La mossa segue una simile decisione del Consiglio di Stato, organo consultivo che ha iniziato ad operare nonostante la Camera dei rappresentanti di Tobruk non si sia ancora espressa in merito.

Lunedì scorso, 16 maggio, i ministri giunti a Vienna per la riunione co-presieduta da Italia e Stati Uniti “formato di Roma” (membri permanenti del Consiglio di sicurezza, alcuni paesi europei e della regione, organizzazioni internazionali e regionali) hanno confermato il loro “sostegno politico” al governo di accordo nazionale guidato dal premier Fayez, aprendo alla possibile di rimuovere l’embargo Onu sulle armi ma solo alle forze di Tripoli. Parlando sempre a “Libya al Ahdath”, in generale Haftar ha espresso forti dubbi circa il fatto che “le grandi potenze internazionali vogliano combattere il terrorismo”.

L’autoproclamato comandante delle forze armate libiche attive nella Cirenaica ha spiegato che “il terrorismo è un problema internazionale e l’Esercito libico lo sta combattendo al posto del mondo intero, nonostante ci sia ancora un embargo sulla vendita delle armi”. Haftar ha detto che “nessuno aiuta l’Esercito libico” mentre il terrorismo si sta espandendo dalla Libia in tutta la regione. Il generale ha poi accusato l’Europa di “sminuire la pericolosità del terrorismo”, esprimendo invece parole di apprezzamento per l’Egitto e per sostegno garantito dal Cairo alle sue forze.

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