Nathan Thrall, storico e giornalista vincitore del premio Pulitzer per il suo lavoro sul conflitto israelo-palestinese e autore del libro “Un giorno nella vita di Abed Salama”, ha espresso preoccupazioni riguardo al futuro dei palestinesi, paragonandone la situazione a quella delle popolazioni native americane, che finirono confinate in aree sempre più ristrette e prive di sovranità.
Facendo riferimento a un’idea avanzata da Donald Trump, che avrebbe ipotizzato di trasferire parte della popolazione di Gaza in altri Paesi, Thrall ricorda che, sebbene non esista un piano strutturato, l’ipotesi non può essere considerata del tutto irrealistica: secondo i dati delle Nazioni Unite (OCHA), oltre il 70% dei residenti di Gaza vive in insicurezza alimentare e, in presenza di risorse e di canali legali, un numero significativo di persone potrebbe tentare di andarsene.
Tuttavia, Thrall ritiene che Israele miri a uno svuotamento quasi totale della Striscia, obiettivo che appare irraggiungibile poiché, anche qualora si verificasse un esodo parziale, resterebbero comunque centinaia di migliaia di abitanti senza un piano credibile di gestione a lungo termine.
A sostegno della sua analisi, il giornalista sottolinea come la proposta di Trump abbia trovato consensi in diverse aree della politica israeliana: non soltanto a destra, tra i sostenitori di Benjamin Netanyahu, ma anche in settori del centro e della sinistra moderata, con figure come Yair Lapid e Benny Gantz disposte a discuterne, mentre Yair Golan, leader del partito di sinistra Meretz, avrebbe definito l’idea “auspicabile”. Secondo Thrall, questa convergenza rivela un nazionalismo trasversale che non sembra tenere in adeguata considerazione i diritti fondamentali dei palestinesi.
Nel frattempo, la Cisgiordania sta subendo un progressivo deterioramento: un rapporto di B’Tselem del 2024 ha documentato che, dal 7 ottobre 2023, oltre 23.000 palestinesi sono stati sfollati nella Valle del Giordano a causa di violenze dei coloni e demolizioni di abitazioni, mentre le autorità israeliane, secondo i dati raccolti dalla stessa B’Tselem e da altre organizzazioni come Peace Now, hanno approvato circa 1.200 nuove unità abitative negli insediamenti tra gennaio e marzo del 2024, il doppio rispetto all’anno precedente.
Questo, osserva Thrall, costituisce una forma di annessione de facto della Cisgiordania, fenomeno che si aggiunge all’evidenza riportata da uno studio dell’Università di Birzeit del 2023, secondo cui il 65% del territorio cisgiordano è già sotto diretto controllo israeliano, rispetto al 50% registrato nel 2000. Sul piano storico, Thrall rintraccia un parallelo con il destino dei nativi americani, confinati a poco a poco in riserve prive di un’effettiva autonomia, uno scenario che potrebbe ripetersi per i palestinesi se non si attiveranno forti pressioni esterne.
L’Egitto e la Giordania hanno già manifestato il loro rifiuto di qualsiasi piano che preveda il trasferimento di massa degli abitanti di Gaza o di altre aree palestinesi, mentre l’Unione Europea ha annunciato sanzioni mirate verso alcuni gruppi di coloni estremisti, misure che fino a questo momento non sembrano avere un impatto significativo sugli insediamenti o sulle politiche di espansione.
Richiamando l’attenzione sulle responsabilità della comunità internazionale, Thrall sostiene che le condanne formali spesso non si traducano in provvedimenti concreti, come dimostrerebbe la lentezza della Corte Penale Internazionale nel valutare l’apertura di un’indagine per presunti crimini di guerra nei Territori Palestinesi Occupati, e avverte che la mancata azione, unita all’indifferenza, contribuirà alla progressiva marginalizzazione di una popolazione che rischia di rimanere intrappolata in enclavi prive di prospettive.
Secondo stime verificate dell’OCHA, la Striscia di Gaza, con una popolazione di oltre due milioni di abitanti, soffre di un tasso di disoccupazione tra i più alti al mondo, oscillante intorno al 45%, e di una costante crisi di approvvigionamento elettrico e idrico che aggrava ulteriormente le condizioni di vita. Thrall conclude che, se non ci sarà un intervento esterno deciso e concertato, il percorso storico dei palestinesi seguirà un binario di crescente esclusione, sottolineando come la storia non tenda a perdonare chi sceglie di ignorare simili processi.
Fonti: Nazioni Unite (OCHA), B’Tselem, Università di Birzeit, International Crisis Group, Peace Now.