La NATO dice no ai sogni di Erdoğan


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(Talal Khrais)

Il 19 Settembre 1982, durante l’invasione israeliana del Libano, l’allora Ministro della Difesa, Ariel Sharon, saliva su un alto palazzo in costruzione per assistere al terribile massacro consumato nei campi profughi di Sabra e Shatila.

Le milizie falangiste, alleate con l’invasore, entrarono nei campi massacrando a sangue freddo 3.500 palestinesi disarmati. Le forze israeliane circondarono il campo e i palestinesi non poterono scappare dalla terribile morte. La Forza Multinazionale, inviata per proteggere la popolazione dei campi in seguito all’esodo dei combattenti dell’OLP dal Libano, sebbene si trovasse a pochi chilometri dai campi, fu incapace di intervenire.

Oggi assistiamo a una scena simile. I massacri vissuti dalla popolazione curda di Kobanê sono una storia già vista. Ayn al-Arab, in arabo, o Kobanê, in curdo, cittadina curdo-siriana al confine con la Turchia, sta vivendo il terribile assedio dei terroristi dell’ISIS sotto gli occhi glaciali di Ankara.

Quest’ultima, infatti, sostiene i miliziani dello Stato dell’Iraq e del Levante,l’ISIS, e assiste al massacro contro i curdi di Kobanê. Assedia con i suoi carri armati la città e impedisce ogni possibilità di fuga verso i vicini villaggi turchi.

I cosiddetti paesi per l’alleanza contro il terrorismo, mentre esprimono solidarietà verso il complice turco, il Presidente Erdoğan, consentono alle forze del terrorismo di avanzare.

La Federazione Russa e l’Iran osservano con attenzione l’operato degli Stati Uniti e degli altri paesi occidentali e arabi alleati.

Sia la Federazione Russa che la Repubblica Islamica dell’Iran hanno avvertito che una zona demilitarizzata, richiesta dalla Turchia non può che essere decisa sulla base della legalità internazionale.

La settimana scorsa Mosca ha lanciato un chiaro avvertimento ad Ankara, sottolineando che qualunque decisione di intervento contro la Siria deve essere presa dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e che, pertanto, non sarà tollerata nessuna azione contro Damasco. Mosca, infatti, considera la Siria un attore chiave per la propria sicurezza. Dal 2012 la Federazione Russa difende la costa siriana attraverso lo spiegamento delle proprie navi da guerra, un sostegno indispensabile per le Forze Armate Siriane.

Nello stesso tempo, la Russia continua a conservare strette relazioni con l’Iran, paese con il quale collabora contro i complotti occidentali nella difesa della sovranità siriana.

Di fronte all’avvertimento della Federazione Russa, sostenuta dalla Repubblica Popolare Cinese, il Segretario Generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, arrivato il 7 ottobre ad Ankara per discutere con le autorità turche della minaccia alla sicurezza rappresentata dallo Stato islamico, ha escluso che la NATO possa sostenere la richiesta turca di istituire una zona demilitarizzata, richiesta, peraltro,sostenuta dalla Francia. La NATO, inoltre, sarebbe pronta a sostenere Ankara in caso di pericolo. “La Turchia – ha affermato Stoltenberg – “è un alleato della NATO e la nostra prima responsabilità è proteggere la sua integrità e le sue frontiere”. Tuttavia, il segretario ha annunciato che “l’ipotesi di una zona cuscinetto nel nord della Siria non è ancora nell’agenda NATO, non è una questione attualmente in discussione”.

Al termine dell’incontro, il ministro degli esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu ha dichiarato che “non è realistico aspettarsi dalla Turchia che conduca da sola un’operazione terrestre” contro l’ISIS in Siria”.

I piani turchi, invece, vorrebbero coinvolgere gli alleati in una guerra che miri a smantellare il sogno dell’autonomia dei curdi, trasformando il loro territorio in un cuscinetto di sicurezza. In altre parole, lo scopo è quello di occupare il territorio siriano trasformandolo in una base protetta a livello internazionale che permetta, allo stesso tempo, di far agire indisturbati i movimenti radicali.

I nostri colleghi che seguono i combattimenti intorno a Kobanê affermano che l’ISIS controlla più di un terzo della cittadina curdo-siriana. Un collega della TV libanese al-Manar, mi racconta che la battaglia che si sta combattendo a Kobanê è diventata una lotta corpo a corpo tra i jihadisti armati e una popolazione quasi totalmente disarmata. I  raid aerei non bastano per contrastarli. Secondo il collega libanese, gli Stati Uniti non saranno in grado di salvare Kobanê. Solamente un supporto militare più consistente ai curdi potrà riuscire a salvare la città.

Anche la Repubblica Islamica dell’Iran, riconoscendo l’insufficienza dell’intervento della coalizione internazionale, teme che l’ISIS possa dilagare altrove qualora la sua azione non venga fermata al più presto.

In Occidente manca il coraggio e l’autorevolezza di ammettere come sono andate realmente le cose. Come é nato l’ISIS? E perché é diventato così potente?

Nei precedenti articoli e servizi, in particolare a partire dal 2012, abbiamo cercato di portare alla luce dati e testimonianze sul coinvolgimento dell’Occidente e dei paesi petroliferi in questa organizzazione denominata “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”. Una parte dei suoi  componenti è stata addestrata nel 2012 da istruttori americani che lavoravano in una base segreta in Giordania.

“Sono stati creati campi di addestramento per partecipanti e organizzatori” riferisce la rivista tedesca Der Spiegel. Nello specifico, la formazione in Giordania era focalizzata sull’utilizzo di armi anti-carro. La stessa rivista, inoltre, ha riportato la notizia secondo la quale circa 200 uomini sarebbero stati addestrati in tre mesi.

I piani statunitensi, inoltre, prevedevano l’addestramento di circa 1.200 membri dell’“Esercito Siriano Libero” in due campi giordani. Secondo il quotidiano britannico “The Guardian”, i formatori statunitensi avrebbero prestato aiuto ai ribelli siriani in Giordania insieme ad altri istruttori inglesi e francesi. La Giordania,intanto, ha cambiato le sue posizioni in seguito alla pubblicazione su YouTube di un video che minacciava di allargare la guerra dall’Iraq verso altre zone e di uccidere il Re Abdullah della Giordania.

L’ISIS, infatti, si espande fino a minacciare i suoi stessi creatori. Come ha tradito i suoi finanziatori arabi, tradirà e minaccerà lo stesso presidente Erdoğan.

La rabbia curda, intanto, è esplosa e il sultano si trova ad affrontare il difficile rapporto con i curdi e una più generale crisi politica. L’eventuale caduta di Kobanê potrebbe condurre all’intensificazione dell’ala radicale del movimento curdo, azzerando le prospettive di una pace con il popolo curdo.

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