(Salvatore Lazzara) – Lo schema di al Baghdadi viene replicato per la prima volta fuori da Iraq e Siria con l’escursionista Hervé Gourdel. L’ultimatum è scaduto e l’ostaggio francese catturato in Algeria è stato decapitato. Un video, le parole del presidente francese François Hollande, lo schermo nero, il boia pronto a uccidere, l’ostaggio che dice ai suoi famigliari che li ama, il taglio alla gola e la testa mostrata – viene applicato fuori dallo stato islamico. Hervé Gourdel, escursionista originario di Nizza, è stato decapitato dai “Soldati del califfo”, un’organizzazione gemella di quella di Abu Bakr al Baghdadi che opera in Algeria e che non ha raggiunto ancora i livelli sofistiticati degli amici terroristi dell’Iraq. Il video è più rudimentale, i messaggi sono in arabo e non così articolati e crudeli, per quanto nel complesso il filmato sia allo stesso modo inguardabile, “un atto vigliacco” nelle parole di François Hollande, presidente francese. “Hollande ha voluto seguire Obama” è la motivazione dell’uccisione secondo i Soldati del califfo.
Poco prima della diffusione del video, il primo ministro Manuel Valls, davanti al Parlamento, aveva detto: “Non è il nostro intervento che ci espone al terrorismo”, la minaccia “esiste da tempo: è per questo che agiamo e interveniamo”. Con lo Stato islamico, “un pericolo mortale si estende al medio oriente – ha detto Valls – La sicurezza dell’Europa è minacciata. La sicurezza nazionale è in gioco, come mai negli ultimi decenni”. La Francia, dopo la Conferenza di Parigi sugli interventi non autorizzati dall’ONU, contro l’IS, era pronta a colpire il governo di Damasco dopo gli attacchi chimici, senza uno straccio di prova certa del coinvolgimento di Assad nella strage. Anzi, quando la comunità internazionale ha capito che era opera dei “ribelli moderati”, nessuno ne ha più parlato o peggio condannato gli autori di quell’efferato gesto. Certamente la politica contro il fondamentalismo intrapresa dai francesi è poco chiara. La dimostrazione più evidente di tale fallimento lo possiamo rintracciare nelle parole pronunciate da Narsrallah, il quale ha riferito che nonostante l’ostilità verso le “organizzazioni terroristiche”, rifiuta l’alleanza internazionale formata e guidata dagli Stati Uniti contro lo Stato islamico (ISIS) e altre organizzazioni. Inoltre nel discorso ha esortato i paesi che partecipano alla coalizione a “porre fine al finanziamento e alla formazione di queste organizzazioni terroristiche, di armare l’esercito libanese e risolvere il problema dei rifugiati siriani”. Evidentemente la Francia è più interessata a salvare gli interessi economici geopolitici che aiutare realmente i governi mediorientali a ritrovare gli antichi equilibri di convivenza pacifica tra le varie culture e religioni.
Il coordinatore antiterrorismo dell’Ue, Gilles de Kerchove, ha detto all’Afp che ci sono “circa tremila” europei a combattere nei ranghi dello Stato islamico – un migliaio in più di un mese fa – in gran parte provenienti da Francia, Regno Unito, Germania, Belgio, Olanda. Secondo Parigi, -commenta David Carretta-, “i jihadisti francesi sono poco meno di mille. Ma un episodio avvenuto ieri spiega i problemi della Francia nella gestione dei “foreign fighters”. Tre jihadisti francesi, che hanno combattuto nei ranghi dello Stato islamico in Siria, martedì erano attesi all’aeroporto di Parigi-Orly dagli uomini della Direction générale de la sécurité intérieure (i servizi segreti), pronti ad ammanettarli sotto la scaletta di un volo proveniente dalla Turchia. Ma invece di finire in una cella, i tre erano a passeggio per le strade di Marsiglia: avevano superato i controlli dei passaporti all’aeroporto, malgrado i loro nomi fossero presenti nel sistema che raccoglie gli elenchi di persone sospette o ricercate. Tutti erano partiti per il jihad in Siria da dove – secondo uno dei loro avvocati – erano fuggiti per l’orrore vissuto e il timore di essere uccisi da chi li aveva reclutati. Ieri mattina i tre hanno suonato alla gendarmeria di Le Caylar per consegnarsi, ma nessuno ha risposto. Poco dopo una pattuglia li ha raggiunti, notificando il fermo.
Due dei fermati avevano un legame diretto con Mohammed Merah, l’autore delle stragi di Tolosa e Montauban del marzo 2012. Imad Djebali, condannato nel 2009 a quattro anni di carcere per terrorismo dopo diversi soggiorni in Iraq e Siria, era un suo amico di infanzia. Abdelouahed Baghdali è il marito della sorella di Merah, che si troverebbe ancora in Siria con i due figli. Gael Maurize, invece, è un francese convertito che aveva frequentato una comunità islamista. Il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, ha parlato di un “dysfonctionnement”, un errore di coordinamento tra i servizi francesi e quelli turchi. Djebali, Baghdali e Maurize sarebbero dovuti arrivare a Parigi-Orly con un aereo da Istanbul, ma il pilota del volo Air France avrebbe rifiutato l’imbarco. Le autorità turche li hanno caricati su un volo per Marsiglia, senza avvertire la controparte francese. Ma non è il primo “dysfonctionnement” sui francesi andati a combattere in Siria. Mehdi Nemmouche, l’autore dell’attacco contro il Museo ebraico di Bruxelles, era stato arrestato per caso nei pressi di Marsiglia su un autobus in provenienza da Amsterdam durante un controllo di routine. Quattro giornalisti francesi, ostaggi dello Stato islamico e rilasciati il 20 aprile, hanno spiegato che Nemmouche era il loro carceriere e voleva “commettere un attentato a Parigi durante la sfilata del 14 luglio”.