La questione siriana: Tulsi Gabbard & Austin Scott


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(Costantino Ceoldo) – Dal suo inizio nel 2011, la questione siriana è cambiata progressivamente ma inesorabilmente. Scrivo qui anche sorprendentemente perché nessuno in Occidente si sarebbe aspettato che questa Nazione, piccola rispetto alla coalizione che la sta torturando da quasi 5 anni, potesse resistere così a lungo vantando ora perfino una concreta speranza di vittoria sui propri nemici. Certo, Russia ed Iran sono due alleati formidabili ma non sarebbe stato possibile arrivare a questo punto senza la tenacia, la dedizione e l’eroismo dell’esercito siriano e quindi del popolo siriano, di cui l’esercito è una delle espressioni.

La maggior parte della popolazione siriana vive in zone controllate dal governo e non dai ribelli i quali hanno conquistato pochi territori abitati preferendo concentrarsi prima sulle zone di confine, per garantirsi linee di approvvigionamento sicure, e poi sui campi petroliferi siriani così da guadagnarsi ulteriori finanziamenti dal petrolio venduto al mercato nero, mentre i compratori chiudevano e chiudono non solo gli occhi ma anche le orecchie.

L’Occidente ha sempre ripetuto il mantra “Assad se ne deve andare” ma strada facendo ha perso fiato e la cantilena si è sfiancata. Assad è ancora al governo e ripete che dovrà essere il popolo siriano a decidere quale governo avere. Strano comportamento per un dittatore.

Uno degli assunti della politica è che a volte non bisogna essere sempre schizzinosi con i propri compagni di avventure ma nel caso siriano si è andati oltre l’accettare qualche strano compagno di letto. Pur di distruggere Assad, gli americani si sono legati a filo doppio a coloro che dichiarano essere i loro nemici giurati fin dagli attentati dell’11 settembre: i terroristi islamici di Al-Qaeda & associati. Qualcosa però si muove anche in Occidente.

A quanto pare non è solo il senatore Richard Black, del senato statale della Virginia, ad avere seri dubbi sulla politica americana in Siria ma anche altre persone di un certo rilievo. Per esempio Tulsi Gabbard, esponente democratica alla Camera dei Rappresentati, ma anche Austin Scott, suo analogo collega per la parte Repubblicana.

Questi due, in un esempio di americano spirito bipartisan, hanno presentato il 19 novembre una proposta di legge che vieti di sostenere i ribelli siriani anti-Assad. O, per quelli come me, i terroristi che stanno insanguinando la Siria da fin troppo tempo.

Questa legge deve essere discussa dal Congresso Americano, poi esaminata dal Presidente Obama. Non è detto venga approvata. Forse si bloccherà in qualche sabbia mobile di tipo politico ma rispetto al niente di prima è tutto un nuovo mondo.

E’ proprio Tulsi Gabbard a spiegare i motivi per cui questa legge è stata presentata. In un momento in cui sembra che in America ci sia spazio solo per i falchi della guerra, la signora Gabbard, che ha servito il proprio Paese per due volte in Iraq come soldato, ha parlato forte e chiaro di fronte al Congresso americano.

La sconfitta di Assad ad opera delle milizie ribelli comporterebbe il genocidio della popolazione siriana e l’aumento della sue sofferenze oltre una scala immaginabile. Le armi degli arsenali siriani finirebbero nelle mani dei ribelli che le userebbero per i loro scopi. Il denaro e gli equipaggiamenti spesi per armare i “ribelli moderati” sono in realtà finiti quasi tutti nelle mani dell’ISIS e cioè proprio dei nemici dichiarati degli Stati Uniti. L’America non ha al momento nessun sostituto credibile per Assad. Gli Stati Uniti non hanno imparato nulla dagli errori del loro passato recente continuando a sprecare risorse e vite umane americane senza ottenere i risultati prefissi dai loro interventi in terra straniera. Il comportamento statunitense ha portato l’America in rotta di collisione con la Russia al punto che si rischia seriamente un nuovo conflitto mondiale.

Affermazioni forti che non si erano ancora sentite ad un certo livello di potere politico.

Sia la Gabbard che Scott sono entrambi membri dell’House Armed Service Committee che finanzia il Dipartimento della Difesa, le Forze Armate americane ed una porzione consistente del Dipartimento dell’Energia. Non si può dire che non abbiano una visione profonda di certi problemi.

Cosa ci riserva il futuro? Difficile dirlo.

La Siria sembrava spacciata e la Russia bloccata nei suoi confini, spettatore impotente di un secondo scenario libico o iracheno. Invece la Siria resiste e la Russia ha riservato sorprese non da poco. Le sue navi nel mar Caspio possono lanciare missili cruise di cui il resto del mondo ignorava l’esistenza. I suoi bombardieri a lungo raggio possono partire dalle basi in territorio russo e bombardare i terroristi in Siria dopo aver circumnavigato l’Inghilterra ed attraversato il Mediterraneo. A Latakia, i sistemi russi di guerra elettronica spengono i radar della Nato per centinaia di chilometri e bloccano i satelliti americani della costellazione Lacrosse. I cieli siriani sono ora protetti dai caccia russi e dai formidabili sistemi antiaerei S400. Le acque siriane sono protette dalla marina russa. L’esercito siriano avanza riconquistando territorio protetto dall’aviazione russa che, a differenza di quella americana, bombarda per davvero i ribelli, moderati o meno che siano. Anche l’Iran ha inviato una squadriglia di Sukhoi, oltre ad un nuovo contingente dei suoi pasdaran.

Sembra che gli Stati Uniti ed i loro alleati abbiamo ottenuto il risultato opposto a quello che si erano prefissi, trasformando la Siria in una fortezza moderna. Per cui è davvero il caso che le parole di Tulsi Gabbard ed Austin Scott vengano ascoltate dai loro colleghi americani.

 

Versione in italiano per Spondasud

Fonte in lingua inglese: http://www.pravdareport.com/world/asia/08-12-2015/132798-syrian_issue-0/

 

 

 

 

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