La strategia Usa e il futuro della Siria in 25 righe (di Alberto Negri)


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Il capo del Pentagono James Mattis ha affermato in un recente incontro con il ministro della Difesa turco Nurettin Canikli che l’obiettivo principale degli americani è “neutralizzare l’influenza iraniana in Siria”. Il Pentagono, secondo il giornale turco Haberturk, sta lavorando per eliminare dall’Ypd, cioè dal movimento dei curdi siriani, tutti gli elementi con tendenze filo-iraniane, la stessa operazione verrebbe condotta nei confronti del Pkk.

Uno degli obiettivi sarebbe poi suscitare una contrapposizione tra Pkk e curdi siriani a vantaggio della Turchia, almeno così asseriscono le fonti turche. In realtà dalla missione ad Ankara di McMaster e di Tillerson e dal colloquio di Mattis, viene confermata la linea Usa: eliminare Assad in quanto alleato di Teheran e degli Hezbollah libanesi e quindi usare le pedine in campo, dai curdi siriani ai gruppi jihadisti, per raggiungere questo obiettivo.

La logica anti-iraniana degli Usa, appoggiata da Ankara e dalle monarchie del Golfo, è eliminare ogni regime mediorientale che possa infastidire Israele, dalla Siria all’Iran, in modo che lo stato ebraico resti l’unica potenza della regione, inattaccabile anche perché dotata di testate nucleari. Lo spostamento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme è un messaggio inequivocabile: è questo il centro degli interessi strategici americani, visto che non si possono fidare né di Erdogan né dell’Arabia Saudita.

La Russia e l’Iran hanno davanti due opzioni. Una è continuare la guerra sostenendo Assad, l’altra negoziare una sua uscita di scena. Mosca potrebbe accettare la seconda opzione mantenendo le sue basi militari in Siria. Per l’Iran è diverso: Assad fa parte integrante del sistema che con Hezbollah tiene sotto pressione Israele. E’ su questa differenza di obiettivi che puntano sul medio termine gli americani e i loro alleati.

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