(Paolo Muscas) – Alcuni decenni fa il più grande studioso italiano dell’Islam del ventesimo secolo, Alessandro Bausani, affermò che per avere una conoscenza completa del mondo islamico è necessario conoscere almeno tre lingue: l’arabo, il persiano e il turco. L’Università di Cagliari (come quella di Sassari) vanta una tradizione di studi islamici e arabi non di poco conto, avendo ospitato alcuni tra i più insigni studiosi dell’islam in Italia, come Alberto Ventura, Claudio Lo Jacono, Paolo Minganti ecc.
Relativamente alla storia e alla lingua dei turchi, invece, è solo a partire dallo scorso decennio che l’Ateneo cagliaritano è riuscito a colmare una lacuna imbarazzante, riuscendo ad attivare diversi insegnamenti riguardanti la storia e la lingua dei turchi.
Quanto al mondo persiano, invece, la nostra isola non ha saputo dargli il giusto peso: mai un insegnamento o un’iniziativa degna di nota (a parte la presenza a Cagliari, a inizio secolo, del grande regista cinematografico Abbas Kiarostami).
Il motivo di questa sorprendente “dimenticanza” può essere riconducibile a una serie di ragioni, tra le quali sicuramente va annoverata l’inesistenza di una tradizione di studi iranici negli atenei sardi. Ma non va sottovalutato il fatto che, dopo la rivoluzione islamica del 1979, l’Iran si è collocato automaticamente in quella lista di paesi che gli Stati Uniti, a partire dal 1999 con Clinton, avrebbero definito “stati canaglia” (rogue state) o, con Bush figlio, parte dell’ “asse del male” (axis of evil).
Insomma, ignorare l’Iran, anche accademicamente, significherebbe isolare un paese autoritario, teocratico ecc. Un discorso simile, tuttavia, non può reggere in relazione alla dimensione più puramente culturale, linguistica e letteraria dell’Iran, perché, così impostato, scade comunque nella più demagogica ideologia di parte. La lingua e la letteratura persiane, infatti, hanno una tradizione plurimillenaria che va ben al di là dell’epoca odierna, o di quella islamica.
Sarebbe come dire che negli anni settanta non si sarebbero dovuti studiare il greco classico o la filosofia di Platone e Aristotele, perché a comandare in Grecia erano dei militari golpisti, irrispettosi della democrazia e dei diritti umani. La lingua e la letteratura persiane, infatti, come splendore, tradizione e ricchezza sono equiparabili proprio ai loro corrispondenti greci o latini. L’odierna lingua persiana, chiamata farsi, fa parte della famiglia della lingue indoeuropee ed è usata e compresa dagli iraniani, nonché da milioni di abitanti dei Paesi vicini come l’Afghanistan, il Tajikistan, il Pakistan, l’India e il Turkmenistan.
Nel maggio 2013, tuttavia, si è verificato un episodio di particolare rilievo per la Sardegna perché nell’Università di Cagliari, il Dipartimento di scienze sociali e delle Istituzioni (diretto dal Prof. Gianfranco Bottazzi) ha siglato un accordo di cooperazione con l’Istituto culturale dell’Ambasciata iraniana a Roma, diretto dal dr. Pourmarjan. È grazie a questo accordo che è stato possibile far partire il primo corso di lingua persiana della storia della Sardegna.
In un periodo di soli tagli alla cultura, con un costo minimo, la lingua persiana è divenuta un insegnamento del corso di Laurea Magistrale in Governance e Sistema Globale (presieduto dal Prof. Giovanni Sistu).
Va segnalato, inoltre, che l’Istituto culturale iraniano ha incaricato una docente altamente qualificata: Bianca Maria Filippini, già nota docente all’Università della Tuscia di Viterbo, e una delle responsabili della casa editrice Ponte33, specializzata in letteratura persiana contemporanea e vincitrice nel 2014 del prestigioso Premio Nazionale per la Traduzione del Ministero dei Beni Culturali.
Insomma, il meglio disponibile a livello italiano.
Come detto, l’attivazione del corso è importante non solo in virtù della peculiarità della lingua, della storia e della letteratura iraniana, ma anche rispetto alla necessità di lanciare una nuova tradizione di studi iranici negli atenei sardi. Se è vero che la nostra isola, come è stato ripetuto negli ultimi anni, vuole rivendicare il suo ruolo nel Mediterraneo ponendosi come terra di pace in grado di unire le sponde del bacino mediterraneo, allora è doveroso sviluppare quella tradizione di studi inaugurata, in senso arabistico, dai già citati eminenti studiosi allievi di Bausani. In questa ottica, le università hanno il compito di fornire strumenti adeguati e idonei a comprendere il Mediterraneo e i suoi popoli. Hanno il dovere di istruire e formare personalità in grado di interagire e tessere relazioni con il mondo islamico.
In questa missione, non si può prescindere dallo studio della lingua come strumento di un sano confronto e interscambio culturale. La lingua è portatrice di cultura. E solo in questa chiave è possibile dare vita a un nuovo paradigma culturale capace di comprendere la complessità dei popoli e delle loro culture. L’Università di Cagliari, pertanto, una volta tanto si è segnalata per apertura e lungimiranza. Non, come più spesso è capitato in tempi recenti, per chiusura mentale e scarsa attenzione alla dimensione più squisitamente culturale e umanistica.
Paolo Muscas è studioso del mondo turco-iranico. Profondo conoscitore della lingua persiana, del turco nelle sue varianti. Attualmente svolge attività di consulenza a Tashkent.