Londra. In migliaia per chiedere la fine dell’assedio e dell’apartheid israeliano


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(Alessia Lai. Londra) – Continuano incessanti i bombardamenti su Gaza, nonostante le mobilitazioni che in tutto il mondo chiedono la fine dell’attacco contro la popolazione palestinese. Se fossero le persone a poter decidere non ci sarebbe il vergognoso silenzio che invece la gran parte dei governi mondiali preferisce mantenere sulla nuova carneficina che Israele sta portando avanti ai danni dei palestinesi.

La stampa mainstream aiuta le cosiddette “democrazie” occidentali a mantenere alta la cortina fumogena che lascia solo intravedere quel che accade in queste ore nella striscia di Gaza e minimizza la reazione popolare a quel che accade. L’indignazione, in giro per il mondo, è stata manifestata con numerose mobilitazioni ma purtroppo non basta a sensibilizzare i governi, a far sì che condannino palesemente e senza esitazioni l’Operazione Confine Protettivo.

Non basta nemmeno quando a scendere nelle strade sono in una sola giornata più di 100mila persone. E’ quello che è successo sabato a Londra: un fiume di persone ha camminato per chilometri, da Downing Street fino all’ambasciata israeliana per dimostrare la propria vicinanza alla popolazione palestinese, per chiedere la fine dell’assedio e dell’apartheid israeliano. Un numero incredibile di persone che le agenzie di stampa hanno definito con un generico “migliaia di persone” o che, ad esempio, il Guardian ha ridimensionato drasticamente in 15mila. Non è mai stata una manifestazione, per quanto partecipata, a mettere fine a un attacco militare, ma è evidentemente d’obbligo, per il mainstream, minimizzare – quando non la si può ignorare – qualunque esternazione contraria al pensiero dominante.

Nella capitale britannica più del 12 per cento della popolazione è di religione musulmana, comprensibile che la questione palestinese sia molto sentita, ma a una mobilitazione precedente a quella di sabato i partecipanti erano stati 15mila. Il proseguire dei bombardamenti e il silenzio del premier David Cameron sulle oramai centinaia di vittime ha fatto scendere in piazza, il 19 luglio, molte più persone, e non solo musulmani.

Le sigle promotrici della manifestazione erano delle più diverse, da Friends of AlAqsa a StopTheWar, sigle sindacali e studentesche. Hanno partecipato anche diverse associazioni ebraiche che rifiutano l’occupazione della Palestina. La presenza è stata vasta e variegata anche all’interno dello stesso mondo islamico, al suo interno contraddittorio ma che trova nella situazione palestinese un terreno comune di impegno.

Al di là delle strategie e degli obiettivi che li dividono sul terreno, a pochi metri di distanza sfilavano persone con la bandiera dei “ribelli” siriani, oramai palesemente sostenuti e finanziati dallo stesso occidente che si disinteressa della questione palestinese, e altri con i vessilli di Hezbollah, il Partito di Dio libanese che si batte in Siria contro i quegli stessi “rivoltosi”. Tanti veli neri ma anche tanti capi femminili scoperti, anche tra chi, all’elenco dei bambini e ragazzi uccisi fino a sabato recitato dal palco allestito alla fine del corteo, pregava Allah con le mani rivolte al cielo.

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