Nigeria. Boko Haram, le ragazze rapite e una storia tutta occidentale


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(Redazione) – Boko Haram. Fino a qualche settimane fa questo nome era sconosciuto ai più, oggi tutto il mondo sa che dietro quelle due parole si nasconde il gruppo terrorista islamico che in Nigeria ha rapito 200 studentesse. Tutti i paesi occidentali, guidati dagli Stati Uniti, si mobilitano per combattere questo movimento, come se fosse comparso dal nulla, da un giorno all’altro. In realtà tutti i servizi di intelligence, i governi e le organizzazioni internazionali erano ben consapevoli del pericolo rappresentato da un gruppo che è nato 12 anni fa e che ha commesso nella sua breve esistenza un numero impressionante di atrocità. Secondo il Crisis Group, la lotta di Boko Haram ha causato la morte di 4mila persone in soli quattro anni, oltre ad aver causato mezzo milione di sfollati e centinaia di scuole distrutte.

Pur di riportare a casa le 200 ragazze, l’Occidente prevede l’invio di team di esperti, imma­gini satel­li­tari e l’uso di droni di sor­ve­glianza. Mobi­li­tata anche l’Fbi e gli spe­cia­li­sti del Dipar­ti­mento di Giu­sti­zia americano. La domanda sorge spontanea: dov’erano gli Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna quando gli islamisti nigeriani massacravano le donne senza che ci fosse l’eco mediatica dei messaggi dei vip di mezzo mondo?

Oggi sappiamo che le ragazze saranno liberate soltanto in cambio dei prigionieri di Boko Haram e che le liceali sono state già convertite all’Islam, costrette a sposarsi e ad avere rapporti sessuali con i membri del movimento e, in parte, vendute al miglior offerente, come merce pregiata che vale molto denaro. Sappiamo anche che il governo nigeriano non pagherà alcun riscatto per portare a casa le ragazze rapite.

Ma chi è precisamente Boko Haram?  Il “Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e il Jihad” è un’organizzazione terroristica jihadista diffusa nel nordest della Nigeria.  Il suo nome in lingua hausa è traducibile come “l’educazione occidentale è sacrilega” o “vietata” o “peccato”. Il gruppo è anche noto per numerosi attacchi a chiese cristiane.

Fin dalla sua nascita, il movimento ha rivolto invettive contro i giovani del paese sostenendo come le scuole corrompessero i costumi islamici. Non stupisce dunque il rapimento delle 200 ragazze considerate, secondo la logica di Boko Haram, impure. La dura repressione dello Stato centrale non ha impedito al movimento islamista di crescere, visto che la loro ideologia ha fatto breccia all’interno di un paese diviso non solo tra i cristiani del sud (più ricco ed evoluto) e i musulmani del nord (più povero e arretrato).

Dopo la cattura e l’uccisione del suo leader, nel 2010 incomincia l’escalation militare di Boko Haram. La guida del movimento passa ad Abubakar Shekau, che dà il via al terrore, prendendo di mira forze di sicurezza, politici, civili, scuole e leader tradizionali (soprattutto se cristiani).

Il movimento, però, non è unito sotto la guida del leader, anzi è molto frammentato. Alcuni suoi dirigenti si trovano in Camerun o in Niger, e il leader Abubakar Shekau non sembra avere il pieno controllo di tutte le fazioni (in particolare del gruppo Ansaru, specializzato in obiettivi stranieri). Si sospetta inoltre un possibile collegamento tra gli islamisti nigeriani e al Qaeda. “Secondo alcune auto­rità nazio­nali – scrive il quotidiano il Manifesto – Boko Haram ha sem­pre più col­le­ga­menti con l’ala nor­da­fri­cana di al Qaeda. Le armi con­trab­ban­date lungo i con­fini inclu­dono gra­nate, mitra­glitrici con visiera antiaerei, fucili auto­ma­tici, muni­zioni, gra­nate, esplo­sivi e armi più avan­zate come mis­sili super­fi­cie aria e sistemi di difesa anti­ae­rea. Le armi sareb­bero con­trab­ban­date nel Sahel da ex com­bat­tenti in Libia, mili­tari libici e mer­ce­nari che hanno com­bat­tuto in nome dell’ex lea­der Ghed­dafi. Secondo lo stesso rap­porto la Nige­ria non sarebbe l’unico paese pre­oc­cu­pato per le atti­vità di Boko Haram, il quale si è esteso anche in Niger e in Ciad, e rice­vuto for­ma­zione in campi di adde­stra­mento di al Qaeda in Mali nel 2011”.

Il rapporto di Amnesty International

 

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