L’Azerbaigian sponsor dell’ISIS. Perché l’Europa mantiene il silenzio?


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(Redazione) – La guerra in Nagorno Karabakh ha confermato come l’Azerbaijan sia uno stato che si comporta come l’ISIS. La presenza, oramai certa, di ex miliziani del Califfato tra i militari chiamati a fare il lavoro sporco nella regione contesa del sud del Caucaso rende la nazione governata dal dittatore Aliyev un vero e proprio sponsor dei terroristi dello Stato Islamico. Il taglio delle orecchie agli anziani, l’uccisione di un alunno e la decapitazione del soldato Yezida sono atti feroci. Sicuramente non esistono dei principi a cui attenersi nelle uccisioni durante una guerra, ma ci sono comunque delle regole militari non scritte: i soldati combattono contro altri soldati senza mancare loro di rispetto, né torturano i loro corpi e tanto meno aprono il fuoco contro pacifici cittadini.

In questo senso, l’Azerbaijan ha dimostrato di non seguire e di non rispettare in alcun modo i valori universali. Cosa fa l’Europa rispetto a questo? L’Europa, simbolo della civiltà, che ha sempre lottato contro gli attacchi terroristici, non fa nulla. Nello stesso momento in cui gli armeni seppellivano i propri soldati torturati e uccisi per mano dei militari dell’Azerbaijan, le Nazioni Unite nel corso del “VII forum umanitario” – che per ironia della sorte si svolgeva a Baku, capitale azera – parlavano dell’alleanza tra le società civili.

E’ evidente che non possa esistere alcuna connessione tra la civiltà e la decapitazione di un soldato. Come se non bastasse, il dittatore azero Aliyev ha persino premiato il soldato che ha ucciso e decapitato il militare azero, dimostrando al suo esercito che uccidendo e torturando i militari armeni si possono ottenere dei riconoscimenti.

E’ la prima volta che un killer viene premiato a Baku? No. La storia purtroppo si ripete e la memoria torna a Ramil Safarov. In Azerbaijan questo nome è associato ai concetti di eroismo e fama, ma in Armenia richiama uccisioni e odio. Safarov è il soldato azero che ha decapitato nel sonno il militare Gurgen Mragaryan. Ha confessato di averlo fatto solo perché era armeno. Anni dopo, a seguito della sua estradizione, Safarov è ritornato in Azerbaijan. Anziché essere punito, è stato rilasciato e, grazie al dittatore Aliyev, è diventato un eroe.

Oggi l’Azerbaijan incoraggia il terrorismo. Un pericolo non solo per l’Armenia o per la diaspora, ma per tutta l’Europa. L’azione di supporto al terrorismo di Baku dovrebbe essere fermata perché il disprezzo e il nazionalismo non hanno limiti, perché “umanità” non è soltanto una parola o un tema oggetto di conferenze, è prima di tutto un’azione a sostegno delle nazioni che lottano per la libertà e rifiutano la violenza e la tortura.

 

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