Prima fonte di finanziamento dell’ISIS deriva dal controllo del territorio


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La principale fonte di finanziamento dell’Isis sono i «profitti illeciti legati al controllo del territorio, come saccheggio di banche, estorsione, controllo di pozzi petroliferi e raffinerie, rapine e tassazione illecita di beni in transito», a cui si aggiungono «rapimenti per estorsione, donazioni anche da o attraverso Ong, supporto materiale legato ai foreign fighters, raccolte fondi tramite i network di comunicazione». Lo riporta uno studio della Financial action task force sul riciclaggio di denaro (Fatf-Gafi).

La Fatf-Gaft è un’organizzazione intergovernativa fondata nel 1989, per fissare standard internazionali sulla lotta al riciclaggio di denaro, al finanziamento del terrorismo e ad altre pratiche che minacciano l’integrità del sistema finanziario globale, promuoverne l’applicazione e l’efficace implementazione. Attualmente, il Fatf ha 36 membri, 34 Stati (tra cui Italia, Francia, Germania e diversi altri Paesi dell’eurozona, Gran Bretagna, Svizzera, Stati Uniti, Russia, Cina e India) e 2 organizzazioni regionali (la Commissione europea e il Consiglio di cooperazione del Golfo).

AMPIO BISOGNO FINANZIAMENTI È PUNTO DEBOLE –  «Il bisogno di ampi finanziamenti per soddisfare le necessità organizzative e di governance rappresenta una vulnerabilità per la struttura dell’Isis», e «non è chiaro se il sistema di raccolta dei fondi, basato sui profitti illeciti che ottiene dal controllo di territori sarà sostenibile nel tempo».

LEGGI CONTRO FINANZIATORI IMPORTANTI PER COMBATTERLO  – «Rendere il finanziamento di singoli terroristi e organizzazioni terroristiche un reato penale», «congelare i beni dei terroristi al più presto possibile» e dotarsi della capacità di costruire dossier probatori solidi a carico delle persone sanzionabili in base ai criteri Onu. È quanto la Financial action task force sul riciclaggio di denaro (Fatf-Gafi) chiede ai suoi 36 membri, tra cui l’Italia e la Commissione europea, di fare per combattere il finanziamento dell’Isis e di altri gruppi islamisti, precisando che i Paesi che non dovessero cooperare saranno segnalati al G20 e alle principali organizzazioni internazionali.

15.500 FOREIGN FIGHTERS – Secondo il Rapporto della Fatf-Gafi l’Isis dispone di circa 15.500 foreign fighters, di cui 50 italiani, che danno supporto «fisico e monetario» all’organizzazione, sia raccogliendo direttamente denaro nei Paesi d’origine prima di partire, sia beneficiando di finanziamenti delle diaspore.

ITALIA POTENZIALE OBIETTIVO – L’Italia è un “potenziale obiettivo” di attacchi terroristici anche per “la sua valenza simbolica di epicentro della cristianità”. Lo scrivono i Servizi segreti nella Relazione del Dis al Parlamento ribadendo che allo stato non sono emerse “attività o pianificazioni” di attacchi nel nostro paese. C’è in Italia e in Europa un “crescente rischio di attacchi” terroristici ad opera “di varie categorie”. Lo scrivono i servizi segreti nella relazione al Parlamento sottolineando che tra queste ci sono anche donne – mogli, familiari o amiche – di combattenti “attratte dall’eroismo dei propri cari, specie se martiri”.

WEB COME CENTRO DI RECLUTAMENTO  – “Appare sempre più concreto” il rischio che sul web “agiscano veri e propri centri di reclutamento per aspiranti jihadisti”, in grado di intercettare l’insoddisfazione dei terroristi homegrown che aspirano a passare dalla tastiera di un computer ai teatri di guerra siriani e iracheni. L’analisi arriva dai servizi segreti ed è contenuta nella relazione consegnata al Parlamento nella quale si ribadisce come l’Isis abbia una “sofisticata strategia di comunicazione e propaganda”. Nel monitorare la rete, sottolineano gli 007, “si è registrata la tendenza”, soprattutto da parte dei più giovani, “a privilegiare i social network, attraverso i quali, tra l’altro, i foreign fighters europei, per spronare i connazionali correligionari, alimentano un’informazione parallela ai comunicati ‘ufficiali’ dei gruppi armati – peraltro sempre più spesso sottotitolati o tradotti in italiano – diffondendo immagini di guerra”, ricordi di martiri e il racconto della loro esperienza “accanto ai fratelli provenienti da tutto il mondo”.

RISCHIO RIPIEGO FOREIGN FIGHTERS UE E IN ITALIA – L’Italia potrebbe rappresentare una zona di “ripiegamento” per i foreign fighters che dall’Europa sono andati a combattere in Siria. Lo scrivono i servizi segreti nella relazione al Parlamento sottolineando che nel 2014 c’è stato un “significativo incremento” del flusso degli aspiranti combattenti verso i teatri di guerra. Secondo i dati degli 007, si ipotizza che siano 3mila quelli partiti dalla sola Europa, di cui oltre 500 provenienti dai Balcani. Per quanto riguarda l’Italia, dicono i servizi, “la specifica minaccia deve essere valutata non solo per gli sporadici casi nazionali ma anche e soprattutto tenendo presente l’eventualità di un ripiegamento sul nostro territorio di estremisti partiti per la Siria da altri Paesi europei, anche in ragione delle relazioni sviluppate sul campo tra militanti di varia nazionalità”.

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