(Raimondo Schiavone) – Dopo il Presidente della Repubblica Siriana, Wahid Hilal è stato senza dubbio l’uomo politico più influente in Siria. Segretario regionale del Partito Baʿth Arabo Socialista, Hilal ci accolse nella sede di Damasco, nella sala delle udienze dove campeggiava la grande foto di Bashar al-Assad.
Ci trovavamo in una delle zone più controllate della città, con posti di blocco dell’esercito che presidiavano una cittadella fortificata: il cuore del potere, il centro di comando da cui si prendevano molte decisioni cruciali, sia in politica interna che estera.
Contrariamente a quanto si sarebbe potuto pensare, il presidente Assad e il governo siriano condividevano la gestione delle linee strategiche, sia in ambito politico che militare. Il Partito Baʿth rimaneva il luogo in cui questa collaborazione si manifestava più chiaramente. Tuttavia, dopo quattro anni di guerra, lo Stato si identificò meno strettamente con il partito rispetto al passato. A quel punto, Stato e Partito Baʿth erano ormai due entità distinte, che operavano sullo stesso piano, ma non erano più una cosa sola.
La difesa della sovranità nazionale e la lotta al terrorismo rappresentarono la matrice comune che unì diverse componenti della società politica siriana. Queste aperture portarono gruppi come i cristiani e alcune componenti sunnite – non appartenenti al Partito Baʿth e, in passato, persino schierati all’opposizione – a difendere lo Stato. Un ruolo cruciale fu giocato dalla percezione dello Stato come laico e indipendente, un argine contro un’aggressione considerata orchestrata da forze esterne.
L’incontro con il Segretario del Partito Baʿth a Damasco fu forse uno degli episodi più significativi dei quattro viaggi compiuti in Siria tra il 2012 e il 2015, durante la prima fase del conflitto. Fu questa la fase in cui il governo di Assad riuscì a respingere l’aggressione internazionale condotta attraverso l’utilizzo dell’ISIS e di altre bande jihadiste, finanziate e supportate da Turchia, Arabia Saudita, Qatar e CIA.
Si trattò di un incontro piacevole, ma soprattutto rivelatore. Al di là delle consuete dichiarazioni ufficiali, emerse l’identità politica di un Paese che, nonostante il conflitto, riusciva a combinare un’esperienza socialista e nazionalista araba con le esigenze multiculturali e religiose della Siria moderna.
Questa esperienza politico-istituzionale, sebbene lontana dai modelli democratici occidentali, garantiva livelli di partecipazione politica e sociale superiori a quelli di molti Paesi del Medio e Vicino Oriente. Si trattava di un sistema che mescolava il mantenimento del potere in mano a un’oligarchia, in alcuni casi illuminata, con politiche rivolte a soddisfare le necessità delle masse, in particolare dei contadini e dei dipendenti della macchina burocratica statale.
Le riforme introdotte da Bashar al-Assad, pur superando alcune rigidità del governo paterno, cercarono di rispondere alle esigenze del Paese. Queste politiche valsero al presidente Assad diversi riconoscimenti internazionali, tra cui quello del Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano.
L’incontro con il Segretario del Partito Baʿth, dunque, rappresentò non solo un’occasione per comprendere il pensiero politico di un Paese sotto assedio, ma anche un’opportunità per immergersi nel simbolismo del luogo che lo circondava. Il palazzo che ospitava la sede del Partito, oggi depredato dai ratti jihadisti che occupano la Siria, incarnava una fusione unica tra cultura araba e sovietica, riflettendo nella sua architettura la complessità e le aspirazioni del sistema politico siriano.
L’imponenza dell’architettura tipica dell’Unione Sovietica e degli altri Paesi socialisti dell’Est europeo si armonizzava perfettamente con la raffinatezza dell’arte araba.
Grandi anditi, ampie sale per riunioni e conferenze: tutto nel palazzo parlava di un’epoca in cui la politica e l’ideologia si traducevano in maestose espressioni architettoniche. Fu proprio in una di queste sale che venimmo accolti per un incontro istituzionale, accompagnato dall’immancabile tè, un classico di questi contesti.
E meno male, perché il caffè da quelle parti è decisamente imbevibile.
L’ispirazione socialista era il fulcro del pensiero di Wahid Hilal e si rifletteva chiaramente nelle sue parole. Il suo approccio combinava i principi del marxismo-leninismo con un’identità profondamente radicata nel nazionalismo arabo, arricchita da influenze provenienti dal socialismo mediterraneo. Questa sintesi unica non era soltanto teorica, ma si traduceva in una visione politica incentrata sulla mobilitazione delle masse e sulla costruzione di uno Stato moderno.
Hilal non mancó di citare i punti di riferimento che ispiravano questa visione, incluso il pensiero di Antonio Gramsci, particolarmente nel modo in cui interpretava il rapporto tra partiti politici, masse e Stato. Gramsci definiva i partiti come “scuole della vita statale”, strumenti attraverso cui le élite politiche trasmettevano norme di condotta morale che diventavano regole di convivenza liberamente accettate, anziché obblighi imposti. In questo senso, i partiti non erano semplicemente organi amministrativi, ma istituzioni che educavano e organizzavano le masse, rendendo il consenso al dominio di classe non generico o occasionale, come nelle elezioni, ma strutturato e consapevole.
Questa prospettiva si adattava perfettamente alla realtà siriana, dove il Partito Baʿth rappresentava il mezzo principale per conformare e governare le masse. In linea con il pensiero gramsciano, il partito si configurava come una “trama privata” dello Stato, capace di unire coercizione e consenso, educando le masse non solo alla vita politica ma anche a una visione condivisa della sovranità nazionale e dell’identità culturale.
L’originalità di Hilal risiedeva nella capacità di declinare questi principi universali all’interno del contesto siriano, mostrando come il socialismo potesse essere adattato alle esigenze di una società multietnica e multireligiosa, pur mantenendo la centralità del partito come forza educativa e organizzativa. Era qui che l’ispirazione gramsciana si integrava con la tradizione araba, creando una sintesi unica nel panorama politico del tempo.
Durante la chiacchierata, non mancarono i riferimenti a grandi figure del socialismo italiano come Togliatti e Berlinguer, segno di una profonda conoscenza e stima per la tradizione politica europea. Ma fu il finale a rivelare l’animo arguto di Wahid Hilal, uomo di Aleppo dal viso pacato ma dallo spirito vivace. Con un sorriso divertito, lanciò una battuta che colse immediatamente nel segno: “Forse dovremmo aprire una sede del Partito Baʿth in Sardegna, visto che in Italia il movimento socialista sembra ormai morto.”
Una frase che, dietro il tono ironico, lasciava intravedere una sincera riflessione sullo stato del socialismo contemporaneo, insieme a un accenno di provocazione, tipico di chi sapeva mescolare serietà e leggerezza con maestria.
Questa battuta non solo evidenziava l’arguzia di Wahid Hilal, ma offriva anche uno spunto per comprendere meglio la struttura e la leadership del Partito Baʿth in Siria.
Il Partito Baʿth Socialista Arabo in Siria era guidato da Bashar al-Assad, che ricopriva la carica di Segretario Generale. Al suo fianco, Hilal al-Hilal svolgeva il ruolo di Segretario Regionale Assistente, consolidando la leadership del partito nel panorama politico del Paese.
Bashar al-Assad, nato l’11 settembre 1965, era diventato Presidente della Siria nel 2000, succedendo al padre Hafez al-Assad. Figura centrale nella politica siriana, Assad mantenne il controllo del Paese durante anni di conflitto, guidando il Partito Baʿth come motore principale delle sue strategie politiche.
Hilal al-Hilal, nato in Siria nel 1966, era un politico di spicco all’interno del Partito. Prima di assumere il ruolo di Segretario Regionale Assistente, aveva ricoperto la posizione di segretario della branca di Damasco, distinguendosi per la sua capacità di coordinare le attività politiche nella capitale. La sua esperienza e il suo ruolo strategico lo resero una figura chiave nella struttura del partito e nella gestione delle politiche interne del Paese.
La Siria di Bashar al-Assad, erede politico e istituzionale del padre Hafez al-Assad, si è distinta per un modello politico che ha fuso insieme principi socialisti con un forte nazionalismo arabo. Questo approccio ha permesso al Paese di promuovere una relativa apertura verso le sue minoranze culturali e religiose, configurandosi come un esempio di inclusività in una regione spesso caratterizzata da divisioni settarie. Questo equilibrio si è sviluppato all’interno di un sistema politico autoritario, ponendosi però come un modello relativamente inclusivo nella regione.
Fondato negli anni ’40 da Michel ʿAflaq e Salah al-Din al-Bitar, il Partito Baʿth (Rinascita) ha definito un’ideologia che coniugava socialismo, nazionalismo arabo e unità panaraba. L’obiettivo centrale era costruire una nazione araba unita, libera dal colonialismo e dall’imperialismo, e basata su giustizia sociale, autodeterminazione e uguaglianza economica.
I principi fondamentali del Partito Baʿth erano l’unità, la libertà e il socialismo. L’unità per cercare di superare le divisioni tra gli stati arabi con l’obiettivo di creare una nazione araba unificata. La libertà si concentrava sull’indipendenza politica e culturale, proteggendo il mondo arabo dalle influenze esterne. Il socialismo, invece, puntava a garantire l’uguaglianza economica e sociale attraverso politiche redistributive e la nazionalizzazione dei settori chiave dell’economia.
Il colpo di Stato del 1963 portò il Baʿth al potere in Siria, trasformandolo nell’attore politico dominante. Sotto Hafez al-Assad, a partire dagli anni ’70, il partito consolidò il proprio controllo grazie a una forte centralizzazione del potere e a una stretta connessione con l’apparato militare e di sicurezza.
Questo periodo fu caratterizzato dall’implementazione di politiche che riflettevano l’ideologia del partito. Tra queste vi era la nazionalizzazione dei settori chiave dell’economia, volta a garantire il controllo statale sulle risorse strategiche. Un altro importante intervento fu la redistribuzione delle terre ai contadini, avvenuta negli anni ’60 e ’70, che contribuì a ridurre le disuguaglianze e a rafforzare il sostegno popolare nelle aree rurali. Inoltre, venne istituito un sistema di welfare universale, con un’istruzione e una sanità pubblica e accessibile, concepito per promuovere l’equità sociale.
Pur ispirandosi a principi marxisti-leninisti, l’ideologia del Baʿth fu adattata al contesto siriano, integrando elementi di identità araba e islamica per governare una società multietnica e multiconfessionale. Con l’arrivo di Bashar al-Assad nel 2000, il partito e il regime attenuarono gradualmente attenuato l’ideologia socialista originaria, introducendo elementi di liberalizzazione economica.
Tuttavia, il controllo statale sui settori strategici rimase intatto, continuando a rappresentare i principi fondamentali del Baʿth e la sua legittimazione al potere. Tra le iniziative più significative vi fu la riforma agraria, che includeva la redistribuzione delle terre e programmi di modernizzazione agricola avviati da Hafez al-Assad. Questi interventi ebbero un impatto positivo sulle aree rurali, ma negli anni 2000 sfide come la siccità e la liberalizzazione economica misero in crisi molti agricoltori.
Un altro intervento importante fu la riforma della pubblica amministrazione, con l’introduzione di programmi di digitalizzazione e formazione del personale per modernizzare una burocrazia inefficiente e combattere la corruzione. Tuttavia, questi sforzi non riuscirono a scardinare i meccanismi di corruzione radicati né a migliorare in modo significativo i servizi pubblici.
Il Partito Baʿth ha rappresentato una fusione unica di socialismo e nazionalismo arabo, un modello che ha plasmato la Siria moderna. Sotto Hafez al-Assad, il Baʿth si è consolidato come il fulcro del potere, mentre con Bashar al-Assad ha subito una trasformazione pragmatica, adattandosi alle pressioni economiche e politiche globali. Pur mantenendo il controllo statale su settori chiave, si è dovuto bilanciare centralizzazione del potere e concessioni economiche, evidenziando i limiti di un sistema che faticava a conciliare la sua ideologia con il pragmatismo richiesto dal contesto contemporaneo.
Con la caduta di Assad, il Partito Baʿth, un tempo pilastro ideologico e politico della Siria, ha perso la sua centralità nella gestione del potere. Questa dissoluzione ha lasciato un vuoto profondo nel panorama ideologico e istituzionale del Paese, segnando la fine di un’era e aprendo interrogativi sul futuro politico e sociale della Siria.